La moglie di Jhumpa Lahiri

02 Marzo 2023

 

Autore

Jhumpa Lahiri è nata a Londra da genitori bengalesi.

Cresciuta negli Stati Uniti, ha vissuto a New York e attualmente si è trasferita a Roma.
È membro del President’s Committee on the Arts and Humanities, nominato dal Presidente Barack Obama.
È autrice di: Interpreter of Maladies (1999) tradotto e pubblicato in Italia da Marcos Y Marcos con il titolo L’interprete dei malanni (2000), con il quale ha vinto nel 2000 il Pulitzer Prize for Fiction; The Namesake (L’omonimo Marcos y Marcos, 2003), da cui il film; Unaccustomed Earth (Una nuova terra, Guanda, 2008); The Lowland (2013, La moglie, Guanda), finalista al Man Booker Prize 2013 e In altre parole (Guanda, 2015). Nel 2018 Guanda ha pubblicato il suo primo romanzo scritto direttamente in italiano, Dove mi trovo


Genere: romanzo

Il buio oltre la siepe di Harper Lee

01 Aprile 2021

Il buio oltre la siepe - Harper Lee - copertina

A breve la recensione

 

Autore

Amica di Truman Capote da quando aveva tre anni, fu consigliata da lui a mettere per iscritto i racconti che lei andava facendo della propria infanzia.
Lasciò il lavoro per scrivere il suo primo libro, Il buio oltre la siepe (1960), che le valse il premio Pulitzer. Dal romanzo fu tratto, nel 1962, l’omonimo film, diretto da Robert Mulligan e interpretato tra gli altri da Gregory Peck.
Nel 2006 nel film Infamous – Una pessima reputazione il suo personaggio è intrepretato da Sandra Bullock.
Nel 2007 le è stata attribuita la Medaglia presidenziale della libertà, per il suo romanzo Il buio oltre la siepe (in Italia edito da Feltrinelli) che secondo la motivazione del premio: “ha influenzato il carattere del nostro paese in meglio. È stato un dono per il mondo intero. Come modello di buona scrittura e sensibilità umana questo libro verrà letto e studiato per sempre”.
Nel 2011 per Emons/Feltrinelli è stato realizzato l’audiolibro letto da Alba Rohrwacher. Nel 2015 esce Va’, metti una sentinella, il sequel de Il buio oltre la siepe, pubblicato in Italia da Feltrinelli.
Harper Lee è morta il 19 febbraio 2016 a Monroeville, in Alabama, dove ha sempre vissuto.

Genere: romanzo

I ragazzi della Nickel di Colson Whitehead

01 Ottobre 2020

I ragazzi della Nickel - Colson Whitehead - copertina

A breve la recensione

 

Autore

 


Genere: romanzo

Tutta la luce che non vediamo di Anthony Doerr

05 Luglio 2018

“Tutta la luce che non vediamo”, testo  ben  documentato, ambientato tra Francia e Germania negli anni della II Guerra mondiale, due vite destinate a toccarsi  che mostrano,  nel male della guerra, la fiducia nella bontà.

Una struttura originale nella quale l’alternanza  tra storie  parallele  e  salti temporali in  capitoli brevi   lascia respiro e  alcune ripetizioni. E’ un osservatore esterno  a raccontare descrivendo  in modo preciso, con parole piane, l’ambiente, le discipline scientifiche e  i personaggi. I protagonisti sono due coetanei:   Marie Laure e Werner  che vivono  a 500 chilometri di distanza  in paesi differenti. Lei dodicenne  vive a Parigi, è cieca  dall’età di  sei anni ed accudita da  un padre amorevole, fabbro del Museo di scienze naturali; lui   costruisce per lei  modellini plastici di Parigi e poi di  Saint- Malò per aiutarla a   muoversi  in modo autonomo anche all’esterno. E’  una  bimba la cui frequentazione del Museo  ha arricchito di conoscenze e amore per la scienza, in special  modo per i molluschi. All’occupazione nazista di  Parigi il direttore del Museo  affida un delicato incarico al padre di Marie Laure, deve portare in un luogo sicuro  una pietra molto preziosa  che si dice portatrice  di fortuna o malasorte: il Mare di fiamma. Varie peripezie – e  la pietra ancora in tasca-  porteranno padre e figlia a trovare rifugio  presso lo  zio e prozio Etienne nella cittadina di Saint- Malò. Li accoglie la storica governante di casa  Madame Manec poiché Etienne fin dalla fine della Grande Guerra non esce dalla sua stanza, ha disturbi panici a causa dello shock subito per la morte dell’amato fratello avvenuta al suo fianco. Anche lì  sarà costruito  il modellino in scala  per Marie Laure la  casetta che riproduce quella strana casa  stretta e alta,  all’interno del quale si nasconde la pietra. Purtroppo  la spia  del paese  infonde sospetti  sul padre di Marie Laure che verrà arrestato, lei scivolerà così in un’apatia debilitante. Madame Manec per scuoterla dalla sofferenza  la porta con sé  a consegnare cibo ai poveri, ma quest’ anziana signora  fa anche dell’altro trafuga e porta messaggi cifrati per la Resistenza ed è cosi che alla morte di Madame Manec la ragazzina  sebbene cieca la sostituirà. Questo induce lo zio- hanno ormai instaurato  un bel rapporto di stima e affettuosa amicizia –a una presa di coscienza  inducendolo  dapprima, nonostante il suo disagio, a uscire da casa per cercarla poi ad  andar lui a prendere i messaggi e infine anche  a trasmetterli.  Li frammezza a un’antica melodia rimettendo in funzione quel vecchio impianto radiotrasmettitore ben nascosto in soffitta- con cui lui e il fratello – nonno di Marie Laure – volevano propagare nell’etere cultura e buona musica   per  l’infanzia. Era il progetto culturale da loro  ideato e registrato  quelle registrazioni tramite le onde radio  erano giunte alle orecchie di Werner bambino  e di Jutte, la sorellina, allargando e istruendo le  loro  menti. Il giovane soldato Weber riconosce quella musica nel ricetrasmettitore e prende la  decisione  di non denunciare quella  radio, scegliendo poi di uccidere un proprio ufficiale per salvare Marie Laure.

Il soldato Weber e Marie Laure hanno ora la  stessa età 16 anni, anche se a lui gliene avevano aggiunto due per mandarlo al fronte  a occuparsi  di ricetrasmissioni.. Era piccolo quando morì il padre, ucciso dalla miniera, lui assieme alla sorellina  sono mandati  al piccolo orfanatrofio per i figli di minatori. Siamo nel Zolverei, importantissima  zona carbonifera e di  acciaierie, attorno… miseria e freddo, fumo e tanta polvere nera. Alla Casa del Bambini i due fratellini sono  allevati  con autentico affetto materno da Frau Elena che  canta calde canzoni e ninne nanne in francese, proviene dall’Alsazia ed è una suora laica. Arriva un po’ di benessere assieme però al Nazismo. Weber ancora bambino capisce d’essere bravo per le cose meccaniche  è infatti riuscito   assemblando vecchi pezzi a ricostruire una rudimentale radio che funziona ; assieme alla sorellina Jutte alla  sera tardi  ascolta  le belle trasmissioni  in francese che vengono da lontano. Ne è affascinato, gli  hanno detto  “aprite te gli occhi  e guardate tutto quello che  potete prima che si chiudano per sempre”,  “si sente lanciato in un’esistenza diversa” e quel brano  musicale ricorrente  “apre l’aria e ricolma di possibilità” . Non  vuole per sé il lavoro  alla   miniera ed è questo che  purtroppo lo attende al compimento dei quindici anni. In Jutte l’ascolto di quella voce ha un’incidenza diversa, la fa sognare e disegnare una fantasiosa Parigi ma  l’apre al confronto e alla capacità critica  tanto che nell’ascoltare  che gli aerei tedeschi  ”bombardano Pari” i comprende la verità. Non  è vero che  in Germania “agiamo nell’interesse della pace e del mondo” qui non vi è più il Buongiorno ormai  si saluta con  Heil Hitler e tutti  in divisa; loro sono obbligati a  frequentare  la   Gioventù Hitleriana  dove insegnano distinguo ingiusti  e le azioni cattive sono stimolate perché dicono  che “la vita è caos e noi siamo destinati a portare ordine  – la ripuliamo dai ribelli, inferiori e cascami”. Werner  non la segue e per precauzione rompe la radio,  ha avuto l’opportunità di frequentare- per la sua capacità nella meccanica-la selettiva Scuola speciale di educazione nazionalpolitica. Lontano da casa si sente trasportato in un  mondo chiaro e pulito,  ne è fiero e vuole appartenervi perché ha un suo progetto. Jutta  non ne “gioisce” e pur volendosi molto bene qualcosa tra loro s’incrina. In realtà quel mondo che a Werner sembra bello ha solo lo scopo di plasmare obbedienti disciplinatissimi  Supersoldati, gli allievi non son altro che “un globo di creta”  che il comandante “il vasaio sta modellando” e saranno tutti  “vasi identici” banalmente rozzi e feroci. Werner  si mimetizza tra loro, ha un solo amico,  il sensibile e  miope   Friedrich che ama il mondo degli uccelli e per questo è continuamente  vessato con una tale  bestiale violenza – aizzata e mai punita – da ridurlo ad un povero vegetale.  In questo ragazzo è la dirittura morale a fornirgli una forza agli altri sconosciuta – la sua coerenza è scambiata dagli altri per debolezza – non getterà acqua gelata al prigioniero morente – lui sa scegliere tra  bene e  male.   Werner vede, lo ammira, si sente in colpa  si dice “è sbagliato tutto questo….solo che qui è giusto”, ne  soffre ma non lo aiuta, in quella scuola vuole rimanere,“farà l’ingegnere” non andrà in miniera. Per questo  Friederich lo  giustifica  sa che Werner “crede ancora che la sua vita sia sua”. E Werner resterà, collaborando con un’insegnante a un progetto di radioriceventi che permetterà di localizzare le postazioni delle radio trasmittenti nemiche e per la sua bravura sarà catapultato in varie zone del fronte fino a arrivare a Saint Malo per intercettare una trasmittente partigiana, solo che un’enorme sorpresa lo invade quando dalle onde sonore provenienti da quella radio risente l’antica musica dell’infanzia. Allora tutto si ferma poi diversamente si muove, lui non dice nulla e cerca un’antenna fermandosi dinanzi all’uscio corretto, ma non esce alcun uomo solo una ragazza non vedente e Werner ne è talmente colpito che quando sentirà uscire da quell’apparecchio la sua voce che chiede aiuto, accorrerà in suo soccorso arrivando a uccidere per lei. I due ragazzi poi con semplicità si parleranno ricostruendo quel filo che dalle onde radio si è dipanato sino   a loro. Aiutata da lui Marie Laure, si salverà, lui invece prigioniero e malato vaneggiando usciranno dalla tenda-ospedale e sarà dilaniato in un campo minato. Altro salto, siamo ora nel 1974,  Butta è venuta sorprendentemente in possesso di alcuni oggetti appartenuti  a Werner, da questi riesce a risalire a  Saint Malo e  da lì a    Parigi  per riconsegnare la  casina di legno  a Marie Laure– la pietra ormai se ne sta da lungo tempo nel mare dove la leggenda la vuole – da questa riceverà in dono  il vecchio disco dalla voce suadente che gli aveva allietato l’infanzia e aperto  la mente.

Il libro  è piaciuto al gruppo di lettori anche a chi ha  lasciato   l’impressione “di prodotto confezionato ad arte” e altri hanno sentito caricata la parte riguardante l’ossessiva ricerca  del colonnello  Von Rumpel. Qualcuno ne riconosce la funzione  nel destino racchiuso nel Mare di fiamma ,  altri ne riconoscono invece la funzione in quel destino racchiuso in sé  portatore di bene e male. C’era un destino tra  Marie Laure e Werner che  crea anche libertà?

Indubbiamente sono  piaciuti i tanti personaggi  che in momento storico terribile  riescono a vivere la loro vita con positività: abbiamo un padre meraviglioso  che impasta sicurezza – anche nell’assenza  rimane in Marie Laure dandole forza nei momenti di pericolo-  lavorando il presente per consentirle il futuro,  portandola con pazienza a un’ autonomia spaziale, i costosi  libri braille che le regala e l’ambiente culturale  in cui la conduce nutrono quella  figlia  con  conoscenza e  curiosità. E  Marie Laure ha talmente ricevuto, immagazzinato  bontà e sapere da poter attingere fiducia in se e per gli altri in qualsiasi circostanza; lo zio  Etienne invece attraversato  da affetto e responsabilità viene   a riacquistare salute, coraggio e voglia di vivere; Madame Manec che pensa sempre prima agli altri è una capace trascinatrice  di concittadine in una lotta  patriottica non violenta dal sapore di  burle alquanto efficaci – le insegne stradali scambiate – ;  la piccola Jutte, perspicace e determinata  nel saper  scegliere  tra  bene e  male;  Frau Elena infaticabile gioiosa “mamma” di tanti bimbi sfortunati; Friederich  che crede nel destino perché non vuole deludere egoistici genitori che sacrificano la sua indole studiosa  per un opportunistico apparire ed è  libero solo di  non deludere se stesso. Che dire  di Volkeimer il Gigante compagno più grande di Werner alla scuola speciale poi integerrimo  soldato  in guerra  e camerata protettore fraterno di Werner che non  svela il  “tradimento” di quell’adolescente soldato  che certamente aveva intuito. E poi  c’è Werner un bambino bravo e molto intelligente  le cui capacità e le onde radio aprono il cuore a sogni e a obiettivi diversi, per raggiungerla farà come lo struzzo  benché si accorga  del fanatismo crescente  che acceca le menti  e del  male che poi ne deriva, nasconde la testa. Non regge però quando i suoi occhi vedono la realtà de male- quel buco in mezzo alla  fronte di una bimba  che è conseguenza diretta di un suo  errore ed ecco  il rimorso e la colpa. Così è più facile,   nel risentire  quei suoni che rammentano un’ infanzia innocente  sentirsi libero di non  denunciare  e di salvare..

Che cosa troviamo allora in  questo libro oltre al  piacere della lettura?  Forse il senso che la bontà porta frutto, certo sono piccoli frutti individuali ancor  più preziosi in un tempo di guerra. Difficile sempre  la scelta tra il bene e male ad intralciarla spesso è l’ignoranza   che non porta al confronto ed è resa ancor  più difficile  nelle giovani menti cui sono ripetutamente trasfusi  concetti falsati di bene e male. L’antidoto? Si può provare con  affetti sani e  sicuri, curiosità stimolata, saperi diversi,   ma  attenti ad agevolare  una sana e critica  autonomia  perché e da lì che poi si dispiega  la libera consapevole scelta. Noi  tra le pagine di “Tutta la luce che non vediamo” siamo riusciti alla fine a vedere  scelta la bontà.

 

AUTORE

Anthony Doerr  è uno scrittore americano.
Cresciuto a Novelty, in Ohio, Doerr ha frequentato la University School, diplomandosi nel 1991. Nel 1995 consegue la laurea in storia al Bowdoin College di Brunswick, nel Maine, e ottiene un MFA (Master of Fine Arts) alla Bowling Green State University.
Sposato e padre di due figli, vive attualmente a Boise, nell’Idaho

La sua prima pubblicazione è stata una raccolta di racconti brevi, The Shell Collector (2002), ambientati perlopiù in Africa o Nuova Zelanda, paesi nei quali  Doerr ha vissuto e lavorato.
Memory Wall, altra raccolta di racconti, è pubblicata nel 2010.
Il suo primo romanzo, About Grace, risale al 2004.
Doerr ha anche pubblicato un libro di memorie (Four Seasons in Rome: On Twins, Insomnia and the Biggest Funeral in the History of the World), pubblicato nel 2007.

Il suo secondo romanzo, Tutta la luce che non vediamo (All the Light We Cannot See), ambientato nella Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale è stato pubblicato nel 2014 e ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa 2015, oltre ad essere stato finalista ai National Book Award per la narrativa.


Genere: romanzo

Mi chiamo Lucy Barton di Elisabeth Strout

02 Febbraio 2017

Una scrittura sobria, all’apparenza semplice, quella della brava scrittrice Elisabeth Strout in Mi chiamo Lucy Barton – il testo adottato per il nostro incontro mensile-. Pochi quadri che frammentano tempi, dialoghi di scarne parole ma è cosi che la penna dell’autrice agevola , evoca emozioni intense, dispiega la vita di Lucy. Le insicurezze affettive e non solo che la sua famiglia disfunzionale le radica addosso, la resilienza nel suo sofferto salvarsi. Nell’opera troviamo la complessità di dolorosi rapporti familiari, l’inesauribile desiderio d’essere riconosciuti nell’amore e l’approvazione d’ esserci, nella sofferta interiorità   suggerita dai silenzi tra le parole.

Il libro inizia con il racconto della solitaria degenza ospedaliera di Lucy, sposa e mamma ansiosa di due bimbe nella città di New York, e del cambiamento che porta l’inaspettata comparsa ai piedi del letto di sua madre – a chiamarla per assisterla è stato il marito troppo impegnato. Una madre sofferta che viene da un tempo e luogo molto lontano. La mamma ha ora una voce diversa, la chiama Bestiolina e nello scorrere dei 5 giorni-notte – che le rimane accanto , seduta su una seggiola ai piedi del letto, tra loro s’insinua il piacere per l’insolita vicinanza. Lei le racconta le storie del Paese- persone che Lucy ha conosciuto – e ciò rende possibile tra loro uno strano dialogo che ”e permetteva di parlare come non avevamo mai fatto”: E’ una Lucy “bambina” quella che chiede “dai mamma racconta”, i racconti la coccolano e ricordi del passato, quelli ” che faceva ancora troppo male parlarne” riaffiorano: povertà e fame, violenza, umiliazioni,.terrore, paura e solitudine. Lucy ora vorrebbe raccontarle un po’ della sua vita o chiarire qualcosa di quel passato ma a ogni tiepido tentativo la madre si ritira dietro occhi chiusi e un finto dormire. Però mamma stava lì per lei, sopra al lenzuolo le accarezzava il piede , l’aveva persino cercata e ritrovata percorrendo il labirintico ospedale di notte, aveva pronunciato scuse, quel “Mi spiace” per non  essersi resa conto che tutti i suoi bambini avevano sofferto le canzonature umilianti di tanti compaesani. Le viene dunque il coraggio di chiederle: Mi vuoi bene mamma?’ e ’accontentarsi della ritrosa risposta “quando hai gli occhi chiusi” a Lucy questo,”poco”, basta “ero felice così.” Poi la cartolina da casa -la risposta ad una lettera di Lucy- con la raffigurazione del   grattacielo Chrysler illuminato da cui lei aveva tratto conforto durante il ricovero all’ospedale, è per lei una carezza assieme alle parole segnate “non me lo dimenticherò neanch’io”. Si resta lontani ma il legame rimane, sino all’ultimo incontro con la madre morente che le rivolge quella strana richiesta “ho bisogno che tu te ne vada….Per piacere Gioia”, poi un ’unico “ti voglio bene    mamma” –detto di spalle- di Lucy e tutto si acquieta nell’affetto di un perdono. La vita di Lucy continua, ama le figli,e ma si separa da loro, lei è una scrittrice ”se fossi stata sposata non avrei mai scritto il libro, Lei è Lucy Barton, per esserlo pur amando le proprie figlie ha fatto loro del male, ne è dolorosamente consapevole sa “che dura il dolore che ci stringiamo al petto dura per sempre”.

Nella discussione di gruppo, una lettrice esprime preferenza per uno stile di scrittura più forte e incisivo in modo che si disvelino più chiaramente le gravi emozioni contenute nel libro e le riflessioni che da esse provengono- In altri invece è proprio lo stile delicato del ”detto non detto” a smuovere a suscitare quesiti.: che cosa c’è dentro le persone, a ognuno di noi che ci fa muovere in certe direzioni e certi comportamenti?, E noi cosa siamo riusciti a comprendere di Lucy Barton? Che cosa ha provocato la sua famiglia “che amava male” : nessuna attenzione, dimostrazione d’affetto, gratificazione ma schiaffi dati a caso, pane e melassa, orecchie sporche,regole comportamentali insufficienti, castighi traumatizzanti, emarginazione e umiliazioni; per casa ..,un garage freddissimo, per asilo un furgone terrorizzante e pericoloso e  la ”cosa” innominabile – forse la conseguenza di un evento bellico traumatizzante nel padre, che se viene ad agitarsi, apertamente si masturba.- Come ci si salva da questo degrado?  Lucy cercando riparo dal freddo nel caldo della scuola imbocca una strada, nei i libri viene a comprendere ”che per avere un lavoro fatto basta farlo”, studia è brava – ma non apprezzata dai genitori-. Questa sarà la sua via di fuga, pur nella solitudine ed insicurezza che porterà con se, da quella famiglia e da quel paese. Negli altri figli quali conseguenze invece? Il maschio resterà un bimbo che dorme abbracciato ai maiali condannati al macello e il suo sollievo nella lettura infantile della felice Casa nella prateria; la sorella rimarrà sempre agganciata al livore, rabbia, risentimento Ma perché in questa famiglia le  relazioni sono così disastrose? Poco sappiamo, qualcuno suggerisce come fattore cardine l’ambiente socio culturale –siamo in un piccolo arretrato paese agricolo, in una casa povera, isolata, circondata da sole coltivazioni di mais, eppure Lucy ha una sensibilità diversa – a lei dispiace cosa è stato fatto agli indiani—e sente crescere il granoturco–.Ed è pur vero che tanti genitori poveri e ignoranti donano ugualmente cure affettuose ai propri figli..Qui troviamo un padre traumatizzato e una madre tanto dura da sembrare priva di empatia, una donna –veniamo a scoprire-   che sin da bambina ha dormito sempre a spizzichi, all’erta perche “non si sa mai” cosa può succedere . E’ una madre che non accetta telefonate a carico, che se ne va dall’ospedale senza dare spiegazioni -scappa ?-quando sembra profilarsi per Lucy un’altra operazione. –Il comportamento è inqualificabile agli occhi di tutte le mamme del gruppo –  neppure risponde sul letto di morte al “ti voglio bene” di Lucy, . ma  rende perplesse quel ”per piacere Gioia nella richiesta fatta a Lucy per mandarla via dal suo letto di morte. Chissà , forse questa donna nella vita ha trovato la sua forza negandosi l’esprimere emozioni e ha timore della sua vulnerabilità se non le controlla., oppure veramente non le riconosce o non sa più come esprimerle solo una carezza sopra il lenzuolo e un ciao Bestiolina. Lucy invece è diversa, nel tempo ha   riconosciuto in un gruppo marmoreo, collocato al Metropolitan Museum, la disponibilità dei figli a “ farsi divorare per vedere sparire l’angoscia dalla faccia del padre” .Per fortuna lei è andata via in tempo, anche se ha ferite doloranti in comune con i suoi fratelli, è stata aiutata e rinforzata nel suo cammino dalla preziosa gentilezza degli altri. La gentilezza in cui crede Blanche – Un tram che si chiama desiderio- “”ho sempre contato sulla gentilezza degli estranei” . Lucy ricambierà sempre con affetto e riconoscenza: le sue educatrici che la mandano al college, il professore che rimprovera Carol per averla presa in giro, Jeremy l’amico gay che riconosce la sua solitudine e il suo essere un’artista, suggerendole “Devi essere spietata”se vuoi scrivere ,l’amica Molly e il dottore “gentile” che la guardava prendendosi cura di lei, la scrittrice Sarah Payne che le suggerisce di scrivere ”con un cuore libero”, il nome Passerotto con cui William la chiamava. Nel tempo sicurezza e identità si depositano e Lucy ormai sa d’essere partita già spietata in quel percorso voluto , poiché la spietatezza “sta nell’appoggiarsi solo su sé stessi” . Lei è Lucy Barton segnata da cicatrici e  perdoni reciproci, è riuscita a vivere una vita sua perchè inconsciamente, aveva avvertito lo spirito vitale con forza premere in lei già in un giorno lontano in un tramonto d’autunno “nei campi intorno alla nostra piccola casa” aiutata da una bellezza che comprende il chiaro- scuro della vita “la vita mi lascia sempre senza fiato” .

Autore

Elisabeth Strout vive a New York con il marito e la figlia, ed è originaria del Maine.
Ha insegnato letteratura e scrittura al Manhattan Community College per dieci anni e scrittura alla New School. Suoi racconti sono apparsi in numerose riviste, tra le quali il «New Yorker».
Con Amy e Isabelle (2000), acclamato da pubblico e critica, e vero e proprio caso editoriale, il suo primo romanzo, è stata finalista al PEN/Faulkner Prize e all’Orange Prize, e ha vinto il Los Angeles Times Art Seidenbaum Award per l’opera prima e il Chicago Tribune Heartland Prize.
Con Olive Kitteridge (2009) ha vinto il Premio Pulitzer.
Citiamo anche Resta con me (2010) e I ragazzi Burgess (2013). Nel 2016 pubblica con Einaudi Mi chiamo Lucy Barton.

 


Genere: romanzo

La Strada di Cormac McCarthy

08 Gennaio 2015

Giovedì  il gruppo ha incontrato un libro potente che è monito e speranza  per noi tutti: La Strada di Cormac McCarthy. Una narrazione dalla scrittura magistrale, le parole essenziali ma cesellate i dialoghi semplici (ci si rivolge sempre ad un bambino) danno emozioni e pensieri forti. Nella lettura del libro qualcuno ha riferito il suo sentire il paesaggio e le reiterate azioni domestiche ripetitive,  mentre altri  si sono stupiti di come l’autore fosse riuscito a trovare sempre parole nuove per quel pellegrinaggio in un presente sì  sorprendente ma sempre  uguale. Tre i personaggi: un padre, un bambino e una reale ma anche simbolica strada. Ed ecco un deserto orrido  si materializza davanti  a noi che,  timorosi, a volte sgomenti, arranchiamo dietro a quel loro andare di sopravvissuti incastrati nel vuoto desolante e pericoloso di quel mondo  grigio, polveroso e freddo. Portando in tal modo tutti  noi  a quella domanda terribile: Cosa avremmo fatto noi? Cosa? Come riuscire a vivere in un mondo dal sole nascosto, in una sterile e nemica natura,  perennemente accompagnati dalla paura  del pericoloso  cannibale fratello? Avremmo noi seguito nel bosco  la fragile mamma così consapevole di non sentire e   sperare più, da desiderare solo di abbandonare   la paura per i propri cari e per sé? Oppure   avremmo camminato come quel  padre,  forte d’un amore meraviglioso per il suo bimbo. Un bimbo che diventa per lui  sostegno in quel voler  vivere  comunque la vita. Ma ancora nelle  pagine di quest’opera troviamo quella  scelta basilare che accompagna sempre l’uomo, il bivio  tra la sua egoistica cattiveria e la  parte buona, quella che permette di stare bene con gli altri. La scelta nel libro è netta perché il limite è preciso ed estremo: essere il feroce umano  o essere il  buono, l’umano che non uccide il fratello  -nessun spiedo mai  rosoli un neonato!. Eppure quel padre, in un momento di incontenibile  rabbia  lascia  nudo e al gelo un uomo,  il ladro di tutta la loro sussistenza. Non sconfina mai il bimbo, sempre pietoso e caritatevole, puro senza confronti, in quel suo mondo dalla natura inospitale, indifferente e umanamente crudele di cui egli  ha molta paura. E’ il padre che lo ha protetto con amore immenso, quello  che ora sostiene entrambi nella reciproca cura e li fa sentire i “buoni”, quelli che portano il fuoco. Essi vanno e percorrono la strada e, se talvolta ne escono fermandosi in piccole oasi di ristoro poi la riprendono, sempre vigili, accorti perché v’è in essa  grande pericolo, -piccoli gruppi e  bande sferraglianti di umani mostruosi la pattugliano – ma  anche la vita che scorre e la speranza d’incontrare  altri “buoni”. Seguiamoli ancora sino ad un mare opaco dove nel freddo il bimbo vuol comunque bagnarsi, poi i regali della barca incagliata; il brutto episodio del ladro, altre traversie sino allo spegnersi del padre ammalato. Quel padre che pur aveva promesso di non lasciarlo solo mai-  c’è sempre quell’unica cartuccia nella pistola! – , se ne va invece quasi sereno perché ha negli occhi  quel bimbo avvolto di luce e vede, rivede bellezza nella bontà del  mondo, nel divino che il bimbo porta dentro di sé. Il fuoco, luce che illumina e consente al bimbo di credere e affidarsi al  primo  uomo “buono” che  gli verrà incontro.

 

Autore

Cormac McCarthy , scrittore statunitense è nato nel 1933, attualmente vive nel Nuovo Messico lontano dal mondo letterario e mondano. Con il romanzo La strada vince il Premio Pulitzer nel 2007.  Tra i suoi scritti troviamo: Suttrie, Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Non è un paese per vecchi.

 


Genere: romanzo

 L’urlo e il furore di William Faulkner

6 Giugno 2013

 

Complessa e caratteristica la struttura dell’opera L’urlo e il furore , indiscusso capolavoro di William Faulkner. La sua faticosa lettura ha fatto arenare parecchi componenti del nostro gruppo. C’è nella  modalità narrativa dell’autore: il flusso di coscienza, le più voci narranti, la frammentazione del testo che mette in connessione (come nella realtà avviene) monologhi interiori e ricordi, l’ordine cronologico rimescolato e che amalgama assieme nomi ripetuti e  generazioni diverse, dialoghi senza i soggetti e punteggiatura, una indubbia difficoltà che ci lascia interdetti. Il  libro diviene un rompicapo, e a maggior ragione, per i lettori che amano ritrovare nel testo una chiara comunicabilità. Ma se ci si lascia tentare, il flusso di coscienza ci trascina dentro i personaggi , nel loro mondo mentale, nella loro umana confusione – di  pensieri, emozione, sentimenti,  che poi ci faranno forse comprendere i fatti- , sentiremo  realtà personali, assaporeremo profumi e paesaggi, sentiremo gli odori , vedremo il mondo sincero e doloroso di un bimbo incompreso  di 33 anni, seguiremo le complicatissime elucubrazioni di Quentin, accogliendole non con la testa, ma nel loro sentire. Certamente dopo una paziente  attenta rilettura tutto verrà a ricomporsi permettendoci di riconoscere la  grandezza dell’autore e di quest’opera. Opera che narra una saga familiare che è  deriva di un’altra Storia (gli Stati del Sud e la loro sconfitta), storia della decadenza materiale e morale dei suoi membri ma non solo, perché è  al contempo  lo  specchio impietoso delle brutture e delle imperfezioni  del genere umano. La cultura di quel mondo  e i difetti umani avvelenano  le relazioni familiari dei Compson sino al punto che la famiglia ne è dissolta, sopravvive Disley e la sua famiglia. La negra mamy, lei che ha visto il “primo e l’ultimo”, lei che non tramanda o conserva un mondo fittizio ma solo  l’affetto e la vita, certo  un Credo che ricompensa il sacrificio degli umili  la sostiene ed  è  lei  la  più forte. Gli altri no,  arroccati  come sono in un mondo di falsa grandezza, pregiudizio, orgoglio, incapaci di    accettare realtà nuove si obbligano in relazioni in autentiche, cattive  e distruttive.  W. Falkner, questo  ci viene sinceramente e crudelmente a mostrare e  tutto ciò lascia in noi uno sgradevole sapore amaro nel “cuore”.

Abbiamo scelto e condiviso la lettura  di alcune pagine  significative: dialoghi incalzanti,  i ricordi del caprifoglio, acredine e livori, tanta meschinità: l’urlo e il furore insomma. Pagine  intrise del dolore e  rabbia  per la perdita  o la mancanza  di qualcosa o qualcuno,  che ciascun personaggio palesa  a suo modo in  comportamenti coscienti o dettati dall’inconscio. L’urlo, infatti, anche se è imploso fa uscire comunque il furore  o verso se stesso o verso gli altri sempre in modo subdolo e perdente. Abbiamo un padre che urla la sua pochezza e debolezza  attaccato alla credenza del whisky;  una madre che non accetta la responsabilità di un figlio menomato e   urla la sua frustrazione  a letto dietro ad un benda intrisa di canfora e il suo furore in un vittimismo ipocrita contornato da  un egoismo ammantato da un moralismo orgoglioso a cui sacrifica i figli,  Quentin, e Caddy prima  bimbi che cercano di sostituirsi ai genitori, cercano rifugio nel loro  affetto esclusivo, totalizzante e alla fine morboso.  Caddy, adulta , abbandonando anche Ben fugge da questo legame   perdendosi e punendosi  in altre e molteplici braccia. Quentin invece cercherà sollievo nel  gesto lucido ed estremo  del suicidio.L’urlo e il furore di Jason sono i più sgradevoli, perché se ha ben ragione di esternare la sua frustrazione per essere stato economicamente sacrificato ai fratelli ( solo lui  ora mantiene la famiglia), la tace  alla madre che poi  ipocritamente  raggira appropriandosi dei soldi di Carry, da lei rifiutati, per il mantenimento della nipote .E’ alla sorella e alla nipote che Jason  rivolge un odio metodico e spropositato (si pensi alla mancata assunzione nella  Banca del cognato) in realtà è perché  il suo furore lo rivolge da sempre verso i  più deboli  (ricordiamo l’episodio dei biglietti della fiera bruciati), lui ha l’animo di un ignobile vigliacco. Capro espiatorio è  la nipote Quentin, abbandonata e tenuta lontana dalla madre, ora adolescente e sola, difesa solo da Disley , il suo dolore lo urla attraverso una modalità tipica dell’adolescenza, la ribellione e il suo furore lo incanala in comportamenti che per epoca ed il luogo sono scostumati e libertini.

Autore

William Faulkner nasce ad New Albay, Mississippi e muore nello stesso State nel 1962. Rampollo di una aristocratica famiglia meridionale è stato poeta , scrittore, sceneggiatore, drammaturgo. Vincitore di un Nobel per la letteratura nel 1949 e di un premio Pulitzer nel 1954. E stato considerato uno dei più importanti romanzieri statunitense autore di opere spesso provocatorie e complesse,. Una  scrittura densa di pathos e di grande spessore psicologico, Tra le sue opere: Il fauno di Marmo, La paga del soldato, Sartoris, Luce d’agosto, Assalonne Assalonne, Requiem per una monaca.

 


Genere: romanzo

La buona terra di Pearl S. Buck

8 Novembre 2012

 

Con La Buona terra di Pearl S.Buck, libro scritto nel 1931, siamo entrati in un umile mondo contadino cinese, antecedente le rivoluzioni che ne hanno poi cambiato il volto. Testo accolto favorevolmente  dal gruppo; alcune critiche però si focalizzano sul linguaggio ormai desueto dallo stile piano, pacato, ritenuto poco incisivo  nel suscitare  le giuste emozioni  in un racconto di vite pur denso di situazioni drammatiche e difficili. Controbattono altri  che questo realismo non violento, raccontato dall’esterno, non ha impedito loro di provare empatia riuscendo ad  affrontare temi coinvolgenti senza sentirsi sopraffare da emozioni troppo forti. Nel dibattere, invece, e condiviso lo sdegno e la pietas per usi da noi ritenuti crudeli,  legati ad una cultura vincolata  ad un formalismo reputato fortemente ipocrita.. Abbiamo invece accolto il personaggio di O-Lan con affetto e considerazione, è lei il perno forte su cui poggia la famiglia e la fortuna di Wang-Lung. Con lei abbiamo sofferto,  disprezzando profondamente il marito, per averle tolto così  vilmente le due perle da regalare alla concubina. Ma in fondo Wang-Lung non è un cattivo diavolo, è solo un uomo “cinese” con le sue debolezze ed ha,  ha a “suo modo” una certa  delicatezza. Noi lo vediamo attraversare la vita, pur tentato dall’ozio che il “caso” gli porta e dall’ambizione del parvenu, rimanendo fedele, legato e grato, sino alla fine, alla  sua buona terra.

Tanti i temi e forti: sottomissione, schiavitù, infanticidio, eutanasia, sessualità, famiglia, usanze crudeli (fasciatura dei piedi) affrontati da angolazioni  inusuali per noi di cui riusciamo a cogliere la ragione attraverso il pensiero di Confucio.

Infatti, veniamo a conoscenza che i cinesi dell’epoca seguivano il codice di comportamento confuciano: in questo codice non c’era spazio per i diritti perché l’individuo cinese era connotato solo dai propri doveri verso la famiglia e la collettività. I doveri assolti attraverso i riti e la pietas-familiare (educazione al rispetto- subordinazione).Mancava però da loro  il concetto di uguaglianza nei rapporti personali,  il rapporto era sempre gerarchico (verticale): figlio-padre, moglie-marito, giovane-vecchio, suddito-sovrano, servo-padrone, fratello minore-fratello maggiore, amico minore-amico maggiore. Il criterio di subordinazione andava sempre rispettato poiché per loro l’unico peccato, diverso dalla nostra concezione di peccato e di  colpa, era un comportamento  riprovevole.

Autore

Pearl S. Buck, scrittrice statunitense (1892-1972), visse moltissimi anni in Cina. Ritornò definitivamente  negli Stati Uniti nel 1934. Autrice di molte opere narrative: La Buona terra vinse nel 1931 il Premio Pulitzer. Le fu assegnato nel 1938 il premio Nobel per la Letteratura

 


Genere: romanzo

La breve favolosa vita di Oscar Wao di Junot Diaz.

Giovedì 1 dicembre 2011

 

Nella serata di giovedì 1 dicembre il gruppo di lettura si confrontava e veniva approfondendo il romanzo di Junot Diaz: La breve favolosa vita di Oscar Wao, libro di formazione e saga familiare. Il gruppo  sottolineava unitamente una certa pesantezza alla lettura della parte iniziale dell’opera per le troppe citazioni fantascientifiche e lo slang ispano-domenicano.

Non è stata apprezzata da tutti la modalità utilizzata per la suddivisione in capitoli (feedback di aree temporali); altri invece hanno gustato l’ironia del linguaggio figurato, metaforico e irriverente, che descriveva in modo frizzante il mondo dei protagonisti.

C’e stato chi ha compreso e seguito con empatia  Oscar nella sua mitezza  e perseveranza e chi inizialmente ha provato insofferenza  per la sua passività  e quel  suo vivere dentro il “favoloso”,  riscattandolo poi  al momento della scelta forte e coraggiosa che lo porterà a concludere  brevemente la sua  vita. Sorpresa, emozioni  e sentimenti forti  sono stati provati nei capitoli di denuncia sociale:  indignazione  per quell’ incredibile dittatura domenicana  dove la più crudele violenza ( perpetrata nei corpi e nella dignità delle persone) era “normale”, una violenza che permea e permane in tutto il libro in quegli individui investiti anche di un solo briciolo di potere . Il libro è stato un uscio, una fessura aperta  su un mondo poco conosciuto, dove noi abbiamo sbirciato curiosi provando compassione umana ma anche grande difficoltà a identificarci: figure maschili compenetrate di sesso ma fuggenti le responsabilità, quelle femminili radicate e generose  o  martirizzate  fino a diventare esseri anaffettivi; sì, tutte  determinate,  ma sole. Poi un grande desiderio “di qualcosa d’altro“. Il  mondo nuovo, la transizione vissuta e sofferta da Lola , lei si positiva,  ma  incredibilmente anche  di  Oscar  “lo Straniero”. Lui  straniero nel ghetto come a Santo Domingo, il goffo e apatico  ragazzo nerd che,  perseguendo fino alla fine  il suo sogno di vivere, diviene uomo  venendo poi sorprendentemente a scoprire  che” l’amore,  “facile da confondere”  non è tanto il sesso ma lo si trova  nei  gesti, “i piccoli gesti affettuosi”  nella vita.

 

L’autore

Junot Diaz  è nato nel 1968 a Santo Domingo, a 6 anni  si è trasferito negli Stati Uniti Insegna scrittura creativa. E’ considerato tra i 20 migliori scrittori del 2000. Con questo libro ha vinto il premio Pulitzer nel 2008. 


Genere: romanzo