7 Marzo 2013
Con ”Dona Flor e i suoi due mariti” di Jorge Amado il Gruppo di lettura condivisa è entrato nel mondo festoso, colorato, conviviale, carnalmente gioioso e magico della Baia amata dall’autore. Siamo nei primi anni Sessanta del secolo scorso e il mondo, che l’abilissima penna di Amado fa rivivere, è quello di una contraddittoria umanità, amante sempre e comunque della vita. Ci scorrono davanti vizi e virtù che si sovrappongono e si intersecano con canzonatoria, leggiadra ironia nella corposa galleria dei personaggi del libro, restituendo una variopinta, ingannevole e mischiata umanità. Il testo, dal linguaggio piacevolissimo, è ben costruito, ma per più partecipanti è forse troppo voluminoso: ripetizioni e lungaggini (l’autore si spinge troppo addentro ai convegni farmaceutici e alla musica amatoriale, per non parlare della magia e l’ esoterismo del quasi sconosciuto Candomblè). In realtà però questo offre la possibilità di punzecchiare alcuni strati sociali, giustificare la noia di Dona Flor e credere al fantasma di Vadinho. E quel tranquillo Tu? con cui Dona Flor accoglie Vadinho, ha intimorito e fatto paura a qualcuno, tanto lontano è il nostro modo d’intendere “l’al di là”. A noi manca una cosmologia e una religione che compenetrino l’umano con il sovrannaturale all’interno nella nostra quotidianità. Molti i personaggi secondari, virtuosi, esecrabili, maschili e femminili: ma quante donne! Amado le conosce molto e parteggia per loro: le care e buone comari, la sfortunata invidiosa-cattiva, l’ipocrita linguacciuta moralista, le dignitose e generose puttane, le ipocrite adultere della societa-bene e le disinibite vogliose. Su tutte signoreggia Dona Rozilda la cattiva, la non-madre di Flor, il cui inesauribile e sempre rigoglioso sogno d’ascesa sociale, utilizzando e sfruttando la giovinezza delle figlie, la mette in tali ridicoli atteggiamenti e situazioni grottesche da suscitare in noi sovente una risata. Bella ci è sembrata l’idea di introdurre i capitoli con alcune ricette bahitiane, anche se poi risultavano lontane dalla nostra usuale cucina.
Sono positive, nella dolce Flor, la determinazione a non rinunciare mai alla sua Scuola di cucina, fonte della sua indipendenza economica e la fermezza nel volere sposare solo Vadinho. La domanda che comunque tutti ci siamo posti è stata: “Come può una donna restare legata a un tal tipo d’uomo?” Gran donnaiolo, gran giocatore, un po’ malandrino, irrimediabilmente inaffidabile? Certamente è bello e biondo, simpaticissimo a tutti , sempre allegro, affabulatore infaticabile e suadente, è anche generoso. Ma come viverci insieme! Nessuna donna nel nostro gruppo di lettura ci sarebbe riuscita. Rivolgiamoci invece a Dona Flor e la sentiremo dire “—Come faccio se è lui il mio destino a lasciarlo solo senza nessuno che si occupi di lui”. La sua determinazione è il suo volere solo Vadinho come figlio, perché lui è il suo bimbo grande, lui che non ha mamma né famiglia. Per questo lei è necessaria, per questo lei è quella “permanente” e può dolorosamente accettare le scappatelle di Vadinho con le altre perché quelle sono solo “xixica”. L’altro aspetto che la trattiene è la sua attrazione e la grande potenza sessuale di Vadinho, questa cosi naturale e priva di inibizioni (viene da Dio tutto questo piacere) da vincere ogni volta la ritrosia e il pudore impregnato di pregiudizi e rigida educazione di lei. Con lui è felicemente appagata. E Teodoro? l’altro marito, l’affidabile, colui che possiede tutte le qualità che Dona Flor auspicava in Vadinho. Perché lui, che l’accoglieva nella tenerezza e nella cura, non le è sufficiente? La loro prima tenera e ridicola notte di nozze, ci da qualche indicazione. Vi troviamo molta timidezza, pudore, ritrosia, malintesi, la delicata attenzione all’altro parte, purtroppo, ed è frutto di proiezioni personali nate dal pregiudizio (si ama in modo diverso la moglie, deve essere un amore puro); tutto questo ha inibito la loro autenticità. Ah! Il non permettere l’esprimersi di nessun tipo di linguaggio a cosa può portare! A vedere il marito come ombrello, trasformarlo in un rapace e richiamare nuovamente Vadinho vicino. Perché certi bisogni, anche se non riusciamo a dirli o a riconoscerli devono venire comunque soddisfatti. Amado è un po’ cattivo con il povero Teodoro ma è necessario renderlo noioso con tutta quella metodicità: “ogni cosa a suo posto e un posto per ogni cosa”, per portare la vita pur piena di Dona Flor ad un depressivo appiattimento sentendo persino ridicola la fedeltà ad oltranza del nuovo marito, tanto incorruttibile da non accorgersi delle chiarissime proposte indecenti della libertina dona Magnolia. Così Dona Flor ritornerà a desiderare l’allegra intraprendenza del primo marito. Per inciso il gruppo afferma che stima, approva e ammira l’uomo capace di rispettare l’amore e il legame, pur essendo tentato da altre, con la propria donna. Invocato dal desiderio (complice il realismo magico) Vadinho opportunamente riappare, circuisce pazientemente la sua “comunque” moglie facendone capitolare l’onestà che essa deve all’altro marito. Dona Flor ora, bella, florida e appagata non più in conflitto accetta la sua interezza: è consapevole di essere lei scorretta verso i suoi due mariti ma sa di non esserlo più certamente con se stessa.
Autore
Jorge Amado autore brasiliano di Bahia (1912-2001) Ottenne giovanissimo la fama letteraria con una produzione contraddistinta da romanzi di forte impegno sociale e politico (conobbe il carcere e l’esilio) Nel 1958 con Gabriella, garofano e cannella , passa a una scrittura più fantastica e “leggera” che resterà la sua più tipica e che si legherà alle sue cose migliori.