Un gentiluomo a Mosca di Amor Towles

05 Dicembre 2019

Un gentiluomo a Mosca - Amor Towles - copertina

Una trama originale, un libro accattivante, lo sfondo storico ben documentato, l’amabilissimo protagonista ed ecco uscir dalla fluida penna dell’autore “Un Gentiluomo a Mosca” primo riuscitissimo romanzo dello statunitense Amor Towles. E’ ambientato a Mosca, all’interno del prestigioso Hotel Metropol, lì trascorrono cinquant’anni della vita (1923-1953) del nostro protagonista, nella cornice di una Russia che sta trasformandosi nella comunista e potente Unione Sovietica. Il nostro Gentiluomo è il Conte Aleksandr Rostov, appena condannato a risiedere in vita là dove prima dimorava come ospite: il Grande Hotel Metropol, per decsione del Tribunale bolscevico – un piede fuori della porta e fucilazione assicurata essendosi “irrimediabilmente arreso alle corruzioni della sua classe sociale”. Infatti, poc’anzi, spiega tranquillamente al commissariato del Popolo che “Non è compito di un gentiluomo avere un’occupazione”. Eccolo dunque tra due guardie avviarsi accompagnato alla “prigione” assegnatogli, un bugigattolo di servizio sotto le soffitte, ben altro che la sua bella suite, arredata da preziosi mobili di famiglia, che è stato costretto ha lasciare velocemente, lo farà però con gran signo-rilità. Vi trasferisce poche cose, la sua preziosa scrivania “se un re si crea una fortezza con i castelli, un gentiluomo lo fa con una scrivania” le gambe delle quali sono oltretutto un forziere ricolmo di monete d’oro. Sarà utilissimo tesoro al momento opportuno in un futuro lontano. Ora però il Conte Aleksandr ha bisogno di riassestare la sua vita, egli è uomo di mondo, ha innata eleganza, modi e sensibilità raffinati, è un conversatore amabile e acuto, gestisce molteplici saperi- che si riveleranno pragmaticamente utili anche in questa sua nuova quotidianità. Ha viaggiato molto, non mostra nessuna alterigia di classe, sa muoversi con giusta misura e nel rispetto dell’altro chiunque esso sia; un lettore pensa non del tutto realistica la capacità democratica che l’autore gli dona perché in realtà era troppo rigido il distacco interno alla sua classe sociale. Comunque sia Rostov si rivelerà sempre e veramente Gentiluomo in ogni circostanza, fosse Sua Eccellenza Conte Rostov oppure il compagno Rostov – Maitre di Sala… Uomo intelligente, aveva da tempo accolto le parole suggeritegli dallo zio Granduca alla morte dei genitori: “se un uomo non è in grado di governare le proprie avversità allora sarebbero state le circostanze a governarlo”. C’era poi il consiglio della cara nobile nonna “in caso di sconfitta mai dare al vincitore anche soddisfazione” e infine il saggio Montaigne che suggeriva “con mezzi differenti si arriva allo stesso fine”. E a quella vita si adatta, mantenendo la propria determinazione, si dedica appieno alla questione della praticabilità grazie anche alla fortunata amicizia dell’undicenne Nina, una particolare ospite dell’Albergo, esploratrice curiosa dalla mente matematica. Lei da le “chiavi” che gli permetteranno di evadere da quella vita da recluso, oltre le pareti che confinano il suo esilio, e lui le regala perle educative, tipo “le buone maniere sono come i cioccolatini, non puoi scegliere quelli che meglio ti si adattano”, che in un primo momento non sembrano accolte, ma che radicano in lei la stima, quella che in un giorno lontano darà a Nina la forza di affidargli la sua piccola Sofja, perché solo di lui si fida. Comunque un momento di cedimento sembra arrivare lo stesso, infatti il Conte decide di farla finita allo scoccare del rito con la coppa di champagne, nel decennale della morte della cara sorella. Vuole volare giù dalla terrazza del Metropol ma poi sul tetto l’avvicinarsi del factotum e quel miele offertogli lo sorprendono, nel palato il sapore di mele gli riporta l’antico profumo degli alberi della sua amata e perduta Tenuta… e vive. Bellosguardo è il nome della proprietà che alla fine della storia andrà a rivedere ancora con estremo piacere, egli è tra i pochi che sanno “rivisitare il passato aspettandosi però che quasi ogni suo aspetto sia mutato”. Ma torniamo al Grande Albergo e agli anni che scorrono assieme alla sua vita mai vuota perché ci saranno vecchi e nuovi amici, avrà la stima nel lavoro che svolge e sarà un padre adottivo esemplare per Sonia, portandola verso la libera realizzazione di sé, ci sarà amore con Anna, e infine la grande soddisfazione per la realizzazione del progetto: lo scacco matto all’Urss – Sofja salva in un paese libero – e per l’invidioso individuo soprannominato “Alfiere” poter uscire finalmente dalla Porta del Metropol. Il compagno Alfiere – a cui non sparerà perché “quello non è un gentiluomo” – è il segno di tutto ciò che Rostov aborrisce nel cambiamento che va trasformano il suo Paese. Questo, inizialmente solo cameriere ottuso e ignorante, non sa nemmeno suggerire il vino adatto, propedeutico al nascere di un amore e , orrore! sud-divide il vino in due sole categorie: rosso e bianco, sancendo in tal modo la vittoria di ciò “che è mediocre e senza identità”; mentre è proprio nella bottiglia di vino l’esemplificazione dell’Essenza: “il lavorio della sua estrema distillazione nel tempo e nello spazio“ che porta a “l’espressione poetica della individualità” metafora della preziosa individuale crescita umana. Eppure quest’uomo è arrivato alla designazione di Direttore del Metropol, ovviamente perché adatto e di comodo al Partito. Assieme a lui tanti altri personaggi entrano ed escono nel Grande Albergo, sempre gradito luogo d’incontro. Qui vi è passato e vi passa ancora il Paese che cambia tanto velocemente quasi come avvenne per la trasmutazione genetica delle ormai scure falene della città carbonifera Manchester, se ne rende conto anche il Maitre Rostov “tutto è ormai dietro di lui”. Un solo aspetto rimane, incredibilmente è la gerarchia, sì perché la nuova U.R.S.S. stessa è la “Gerarchia di tutte le gerarchie”. Noi sappiamo dei cambiamenti che lo stalinismo sovietico instaura attraverso i personaggi che incrocia-no il nostro Gentiluomo. C’è chi racconta di due paesi stranamente fratelli, USA e URSS, poiché ambedue sono rinati mettendo da parte il loro passato, il primo mettendo il Potere “al servizio del loro amato individualismo” e l’altro per il bene del suo Popolo, nel fondo del quale però vi è un’ anima russa che ospita il seme rifiorente dell’autodistruzione. Conosciamo anche l’amara disillusione di Miska, il fraterno amico del Conte dai tempi dell’università, membro idealista dell’Associazione Russa degli scrittori proletari, quando si scontra con la censura grottesca del Partito che ammette solo il realismo socialista come unica forma d’arte e non accetta nessun’altra narrazione – non si può tradurre Checov che parla della bontà del pane svizzero – , la sua ribellione lo porta dritto al Lager correttivo. Tramite Nina “anima seria alla ricerca d’idee serie di cui occuparsi” e al suo lealismo al partito, intravvediamo la collettivizzazione agraria in Ucraina, il tradimento feroce di Stalin che avvia anche suo marito in Siberia. E lei a seguirlo perché ora nel suo cuore alberga la tenerezza – non farà più ritorno – affidando la sua bimba ,figlia di un traditore, al Conte. E il nostro Gentiluomo fa il padre, ama una donna e – nonostante il meschino ‘Alfiere‘, ormai divenuto puntiglioso Direttore – lavora con piacere al Bojarskij. Con Andrej, il maitre, ed Emile, lo chef, s’è creato un Triunvirato di lavoro e amicizia. Il ristorante, ora frequentato dai magnati della Politica, resta di buon livello grazie alla perspicacia e bravura di Emile, il cuoco. C’è poi la ventennale frequentazione con Osip Ivanovic, funzionario del Cremlino per il sistema di sicurezza del Paese, che a lui s’era rivolto per lezioni di lingue e per sviluppare certe abilità diplomatiche. Lezioni seguite poi da serate cinematografiche di amati film americani a voce criticati e con il corpo emotivamente e gioiosamente rivissuti perché sempre “si desidera dare un’occhiata a un altro modo di vivere”. Ed è con lui che il nostro Gentiluomo vede e comprende la forza che sta in quel bicchiere semplicemente raddrizzato dalla mano di Rick (H.Bogart) in Casablanca. E’ invece al Bar dell’Albergo, dopo l’apertura e il ritorno dei corrispondenti stranieri, che nasce l’importante amicizia – bicchieri in mano e profonde riflessioni – con il britannico Richard – sono fratelli d’anima – ed è attraverso di lui che il Conte raddrizzerà “il suo bicchiere” in quei fogli scuciti dalla sacca che Sofja ha portato: l’elenco dei partecipanti e la descrizione della cena congiunta del Consiglio dei Ministri e del politico Chruscev. Anche in un piccolo gesto -come Bogart in Casablanca- si dimostra che non si è indifferenti alla disarmonia del mondo che l’essere umano Il finale della storia è perfetto, forse un po’ troppo, ma ci lascia soddisfatti e sorridenti perché con capacità organizzativa, preveggente e minuziosa, a volte divertente, il sempre Gentiluomo Rostov ha realizzato i suoi progetti: Sofja è a Parigi da Richard con il futuro aperto alla sua carriera di pianista mentre lui, libero, va a incontrare Anna, donna ormai dai capelli grigi, bellissima e altezzosa attrice al loro primo incontro, in realtà donna schietta, forte, pragmatica e dalla popolare fascinosa naturalezza, la sua compagna di vita.

Autore

Amor Towles è nato a Boston nel 1964. Si è laureato a Yale e ha conseguito un dottorato in letteratura inglese a Stanford. È un grande appassionato di storia dell’arte, soprattutto della pittura di inizio Novecento, e di musica jazz. Vive a Manhattan con la moglie e i due figli.

Dopo La buona società, il suo primo romanzo, ha pubblicato nel 2017 con Neri Pozza Un gentiluomo a Mosca.


Genere: romanzo