2 Gennaio 2014
Stoner di John Williams è il libro su cui il gruppo di lettura ha discusso giovedì sera; una vita raccontata con lenta linearità e semplice onesta chiarezza ove i protagonisti sono “scolpiti” sempre con delicato tratto. Stoner ha raccolto unanime consenso, l’averlo incontrato è stato un grande piacere sebbene, a tratti, sentimenti ed emozioni forti in noi confliggessero, grati comunque per quel barluccichio di specchi, riflettenti aspetti anche nostri, altri che non vorremmo riconoscerci e alcuni che potremmo incontrare.
Comincia il dibattito in cui si dichiara che la vita di Stoner non è stata piatta, anzi vi è stata ascesa sociale: da semplice contadino ad insegnante universitario e non solo, vi è un ulteriore progredire che inizia nel momento in cui lo studente diligente di agraria, si sveste di tale “mansione” poiché folgorato da un sonetto di Shakespeare che gli consente di approdare con gran determinazione alla letteratura inglese. Tale sonetto, infatti, gli fa percepire un mondo interiore a cui deve e potrà dar parola. Molte comunque le critiche e gli interventi accesi sul comportamento passivo di Stoner. Egli tuttavia non è un debole, è fermo e tenace nelle sue convinzioni da non voler acconsentire all’intromissione del pericoloso “fangoso mondo esterno” nella sua amata Università, asilo per le persone integre altrimenti “masticate” dall’altrove estraneo, patendone le conseguenze. Eppure c’è tanta debolezza nella vita privata di quest’uomo! Egli accetta l’aggressività feroce e manipolativa della moglie e l’annientamento della figlia. Edith è una donna dal comportamento inspiegabile, perennemente “maligno”, affetta quasi certamente da qualche turba caratteriale o psicologica, forse legata alla figura paterna, suggerisce qualcuno. Edith vuole sposare subito Stoner sebbene sembri non amarlo, e lo stesso padre desidera comunque accasarla. Significativa l’apparentemente incomprensibile distruzione d’ogni regalo ricevuto da questi al termine del suo funerale. Tutto coincide in un matrimonio molto infelice: la freddezza di Edith durante il corteggiamento, una luna di miele tristemente frustrante e tutti i comportamenti successivi ed eccessivi di lei. Basti pensare anche al solo episodio dell’ occupazione dello studio di Stoner, questo spazio prima felice in cui si riconosce ed è allietato dai libri e dalla compagnia della piccola Grace purtroppo questo esproprio avrà nella figlia conseguenze disastrose. E pensare che Stoner è lucidamente consapevole dopo solo un mese del fallimento del suo matrimonio, quanto animatamente a questo punto ci siamo lasciati coinvolgere dal tema matrimonio! Ma qui torniamo a Stoner: cosa l’ha attratto in Edith e perché le resta accanto. Forse perché lui è un uomo scuro, dalle mani grandi e dure e lei è così diversa, esile e chiara, forse perché allora in quella classe sociale nel matrimonio il “grazioso ninnolo” che si veniva acquisendo doveva essere protetto con cura oppure la spiegazione è da ricercarsi nella sua incapacità di forzare e aggredire la volontà degli altri. Quanta rabbia ad ogni modo suscita la sua eccessiva pazienza e ci siamo chiesti perché questa sofferenza reciproca non viene mai comunicata. Ma è cosa difficile stupirsi se il cardine dell’educazione ricevuta è il silenzio della parola e l’occultamento dei sentimenti. Qualcuno a questo punto giustamente obietta che non si può lasciar rovinare i figli, si deve cercare di salvarli, eppure Stoner amava moltissimo Grace. Lui la conosceva bene ne sapeva la fragilità, aveva si cercato di allontanarla regalandole la possibilità d’accedere ad un’università lontana, non aveva forzato nessun matrimonio riparatore ma poi si era arreso, impotente legato com’era a modalità caratteriali e culturali impossibili per lui da rompere. Disperato e consapevole s’ accontentava che almeno bevesse. Tutto ciò è terribile! Nel piano lavorativo lui però si riscatta, seppur col tempo, vuole assolutamente riprendere ad insegnare ciò che amava e con mossa ardita e noncurante da scaccomatto a Lomax. E l’amore? Lo incontra e lo vive, nessun senso di colpa verso Edith che sa e accetta tranquillamente. Katherine e Stoner! Una passione comune per la letteratura. Ma quale amore è stato! Intatto ma nascosto nel cuore e vi resterà sino alla fine della vita. Ciò che l’autore fa dire a Stoner descrive magistralmente l’amore , è verità: ”un processo attraverso il quale si tenta di conoscere un altro”, arricchimento dell’uno e dell’altro proprio attraverso un corpo amato.
Eppure loro lo lasciano andare ma non sono gli ostacoli esterni a fermarlo è Stoner a temere di perdersi. Egli dice “non avrebbe più senso quello che abbiamo fatto – Entrambi non saremmo più niente”. Ma cosa impedisce a quest’uomo il reinventarsi e vivere una vita diversa? Come possiamo comprenderlo? Ritorniamo nella famiglia povera e onesta dove è nato e in cui stoicamente tutti fanno quel che si deve. C’è amore e unità tra i genitori ma non espresso con parole o gesti affettuosi e caldi, essi sono capaci solo di sacrificarsi senza sopraffare mai chi si ama, lo si lascia libero. Questa è la sua formazione di base e questa sarà la sua vita. Basti osservare come egli affronta la malattia, è incredibile l’accettazione e la forza con cui egli si incammina, sostenuto solo da sé stesso, verso l’agonia e la morte in una coerenza di vita seguita sino alla fine. Stoner prende decisioni solo per sé, un sé stesso che seguendo l’illuminazione di un sonetto percorrerà la strada che lo porterà a conoscere la risposta all’eterna domanda che ci si pone alla fine della vita: Chi sono stato? Riuscendo a ribaltare un primo verdetto di fallimento. Lui l’umile, l’amante della letteratura, che solo dopo molti anni riesce a trasmetterne tutto l’amore ai suoi studenti perché “chi sa deve donarlo.” In questo scambio riceve la consapevolezza della dignità di un ruolo che gli appartiene; lui è il giovane e il vecchio uomo che ha amato una Edith fanciulla, ma non abbastanza, ritrovandola poi in un perdono reciproco; l’uomo che ha avuto con Katherine un’ autentica e indelebile relazione d’amore.
Egli ha attraversato il suo tempo resistendo non scansandone mai i colpi, nascosto sotto una maschera impassibile di finta indifferenza sotto la quale celava agli altri una commossa partecipazione e comprensione della sofferenza umana, è riuscito ad estraniarsi da sé per contemplare la bellezza che vi è nella natura e nella vita anche in un libro; è un uomo che ha vissuto, che si è costruito in una sua coerenza nella vita e nell’amore. Fortunatamente Stoner se ne rende conto nel momento di lucidità che precede la morte e che a quella assillante domanda Che altro? non serve più rispondere. Gli basta quello che ora sa e sente.
Autore
John Eduard Williams ( 1922-1994) romanziere poeta e accademico statunitense. Stoner pubblicato nel 1960 è il suo terzo romanzo, con il suo quarto romanzo Augustus pubblicato nel 1972 vinse il National Book Award.