05 Maggio 2016
E’ scritto da una donna, Kristin Hannah, il libro sulla guerra e le donne: L’usignolo. Suggerito da una lettrice del gruppo per le emozioni rievocate di un lontano 1945, quando dodicenne, nei luoghi dove noi ora viviamo, quell’esperienza ha graffiato la sua formazione.
L’usignolo è un libro dalla trama ben orchestrata, avvincente, dalla ricostruzione storica precisa. Un testo scritto in modo molto semplice, qualche svista di parole scontate, ma sempre emozionante. Ben riuscite le caratterizzazioni dei personaggi, tanto da dividere i lettori del gruppo in partigianerie: chi per la giovanissima e impulsiva Isabelle, cosi viva coraggiosa ma a volte imprudente; altri per la pacata Vianne, timorosa e riflessiva. Ambedue eroine generose. In quest’opera si legge la loro storia dentro la grande Storia – La Seconda Guerra Mondiale – che tutti trasforma. C’è un vissuto di guerra raccontato attraverso le parole delle donne; una storia tragica, densa di accadimenti dolorosi, di male eppure alla fine così abbondante d’ amore, discrezione e generosità. Essa viene a mostrarci la resilienza delle donne, la loro forza senza ostentazione.
Due sorelle, Vianne la più grande e Isabelle la minore, dieci anni di differenza e caratteri agli antipodi, l’inizio della guerra allarga maggiormente il divario già esistente tra loro. Siamo in Francia nel paesino di Cariveau in un podere, Le Jardin, dove Vianne senza l’appoggio dell’amato marito Antoine – richiamato alle armi e poi internato in un campo di prigionia – è costretta a provvedere e difendere la figlioletta Sophie e se stessa; la sua casa è requisita due volte dal nemico ed è costretta a ospitare per lungo tempo degli ufficiali tedeschi e, nonostante il comportamento sia ben diverso nei due casi entrambi lasceranno strascichi dolorosi. Isabelle invece spinta dall’idealismo, dall’esuberanza e dalle idee del giovane di cui s’innamora, s’ arruola nella Resistenza approdando poi a Parigi dove diventerà il famoso passeur : l’Usignolo. Temperamenti diversi nelle sorelle che affrontano in modo differente la morte della madre -avevano quattordici e quattro anni- e la mancanza d’amore e sostegno che il successivo abbandono del padre aggrava ulteriormente. E’ la trascuratezza di un uomo, marito e padre che l’altra guerra, “la Prima”, ha reso reduce prostrato e bevitore; non regge anche alla morte della moglie: è un non più vivo, alle richieste d’amore delle figlie egli fugge. Vianne non è in grado di aiutare Isabelle, cerca conforto e sostegno nell’amore di Antoine – un amore precocissimo – , nella famiglia, nei bimbi. Isabelle invece continuerà a richiedere amore e riconoscimento attraverso ribellioni e protagonismo. Saranno le durissime prove della guerra a permettere, in una sofferta maturazione, il ritrovarsi affettivo tra loro ed il ritrovare loro stesse. La coraggiosa e generosa Isabelle, l’Usignolo, attraversa infinite volte le pericolose vette dei Pirenei salvando centinaia di paracadutisti alleati ma che sperimenta quali conseguenze possa portare l’inavvedutezza. Ora, sfinita ed esausta per le sevizie subite, torture e campo di concentramento, va a morire nel giardino della sua casa, a Cariveau, tra le braccia dell’amato Gaetan e l’affettuosa sorella sussurrando “la mia vita è abbastanza” riconciliata con se stessa e gli altri, consapevole d’essere stata amata. Amata anche da quel padre a lungo corteggiato, inseguito, che riscatta la sua lunga latitanza sostituendosi a lei, salvandola dalla fucilazione. E la spaurita e insicura Vianne? Lei è riuscita a resistere stoicamente a fame, paure e dolori, è sopravvissuta allo stupro di cui accetta il figlio, ha protetto la sua bambina Sophie come il piccolo Ani figlio di Rachel, l’ amica-sorella, e altri diciotto bambini ebrei incalzata da una “maternità” estesa che la contraddistingue e la trasforma in generosa protagonista. Per Isabelle ha ucciso il povero capitano Beck.
Durante il dibattito siamo stati attenti, interessati ascoltatori di ricordi e testimonianze, venendo a scoprire poi la forte ritrosia di parenti vicini che ci hanno spesso taciuto le loro amare esperienze di guerra; il più giovane lettore del gruppo ha invece confidato il gran malessere provato nel seguire le sevizie consumate su Isabelle. In altri, impressione vivissima ha suscitato la descrizione di quelle migliaia di persone in fuga da Parigi, che lungo il cammino, pungolati dai pericoli e la fame, sembrano trasformarsi in uno sciame di “cavallette” da cui doversi guardare (Vianne e Sophie baraccate in casa). Come deplorevole è risultato, nel governo di Petain, il collaborazionismo cattivo, brutale, esecrabile della gendarmeria francese. Sorprendendoci poi, una lettrice ha riferito che un “Isabelle passeur”, dal nome diverso, è esistita veramente: stessi atti, stessi luoghi e prigionia, ma ne è sopravvissuta spegnendosi alla bella età di novantadue anni. Il personaggio del capitano Beck ha riscosso approvazione; in lui s’è riconosciuto un uomo avviluppato dalla guerra che resta umano, gentile e disponibile, tanto che una timida attrazione va lentamente insinuandosi tra lui e Vianne, un’ attrazione alimentata dalla stima e dal rispetto. Controversa invece è la figura di Julien, il suo lungo rifiuto alla paternità, conseguenza di un’altra guerra che l’ha reso fragile alcolista anaffettivo, non lo assolve dalla sofferenza causata alle figlie, positivo resta quell’essersi messo ora a disposizione della Resistenza – falsifica documenti – e l’aver voluto sostituirsi a Isabelle, immolandosi e salvandole la vita. In quell’atto gli si riconosce finalmente il suo dovere “generoso” di padre. Ribrezzo, disgusto, rabbia non sopita, invece, per quel sadico stupratore, il “porco” – così è rinominato – capitano della Gestapo Von Richter, esempio eclatante di come gli psicopatici in guerra siano ben accetti e ben si trovino. Un miracolo sembra comunque nascere con il frutto di quel obbrobrioso e continuato stupro, con la capacità dell’amore di riconoscersi anche nelle sofferenze che cambiano le persone. A loro, Vianne e Antoine, basta uno sguardo e, lentamente nella pazienza, quella famiglia si ricompone. Così dopo colpi di scena e patimenti arriva il tenero finale di questa storia di donne nella guerra, dove stranamente anche la conoscenza di sé, il desiderio di libertà e l’amore generoso vengono a compiersi.
Autore
Kristin Hannah, scrittrice amatissima negli Stati Uniti, è nata nel 1960 in California.