La chimera di Sebastiano Vassalli

03 Settembre 2015

La chimera, ibrida figura che mescola bene e male,  è il titolo  del libro che ci ha tenuto impegnati nell’ultimo incontro  di lettura.  Essa rappresenta, alle volte come utopiche visioni, il simbolo di quel che noi siamo donando forza  e coerenza nella costruzione coerente di sé. Accuratissimo  romanzo storico  di un grande Sebastiano Vassalli. Amorose  e realistiche pennellate ed ecco dispiegarsi   dinanzi  ai  nostri occhi un piccolo seicentesco borgo  vicino a Novara e in esso  la Storia,  quella vera di uomini che li hanno vissuto. Un ambiente malsano, tra risaie e paludi, con qualche sprazzo di limpido azzurro. Ombre scure che narrano  a noi  un mondo naturalmente impietoso e crudele, tanto da  lasciarci sbigottiti, turbati   ma anche tristemente sorpresi  per quanto ancora nel mondo di oggi e in noi stessi  possiamo   riconoscervi. La scrittura è  precisa, fluente e chiara in cui fanno capolino gli antichi e bei  –   : e ; – come qualcuno compiaciuto ci ha fatto notare. Ed eccoci accanto ad Antonia, quella  stria di Zardino,  ricca di energia interiore a seguire la sua forte Storia: prima al torno degli esposti, dove questa bimba insolitamente bruna è   lasciata  in fasce,  poi la bambina di dieci anni rapata e riflessiva che inaspettatamente –essendo femmina in un’epoca in cui si poteva essere   soppresse alla nascita in caso di carestia – è scelta come figlia e non serva da buoni affidatari, fino alla  bella fanciulla con il neo sopra le labbra con il suo amore un “camminante” che in realtà non la merita e da ultimo sul rogo come  eretica e strega. Perché accade questo? Tutto ha inizio dall’invidia, è troppo bella  e vive bene, lei  l’esposta figlia del diavolo! Rifiuta e distoglie troppi pretendenti guastando l’opportunità delle altre e cosi  nei   filò invernali, dentro le stalle,  le voci,  quelle sempiterne chiacchiere che riempiono la noia, alimentando però gli odi, si gonfiano e  circolano cominciando  a fare del male. Antonia poi è intraprendente  si muove di notte  per incontrare il moroso  così viene vista dagli incappucciati fratelli cristiani a caccia dei fuggitivi e poveri risaioli e accusata di  andare al  Sabba per accoppiarsi con il Diavolo;  lei pensa e ha il coraggio di affermare “che inferno e paradiso sono quaggiù in terra e oltre la morte non c’è niente”  cosicché invidia  e ignoranza a braccetto, seguite dalla  grassa superstizione – qualsiasi facezia  o malanno succeda se lei vi si trova vicino ne è sempre la causa- la trasformano  in strega. Non meno rilevante è il  fanatismo inflessibile di don Terenzio,  come l’incredibile certezza dell’inquisitore che la realtà sia sempre  distorsione del diavolo  cosicché le testimonianze sensate e sincere date da alcuni testimoni, le uniche razionali e provabili,  non sono credute mentre quelle fantastiche e false  dettate da opportunità invidia o protagonismo  che personalizza continuamente il Diavolo sì. Ma è l’importanza  che  questo processo per eresia  ha all’interno di beghe e conflitti tra Sant’Uffizio e Curia, tra   diocesi di Novara e  Roma, che darà quella tragica conclusione alla vita di  Antonia.

Libro ricco questo, molti i fatti, molte emozioni e molta poca bontà. Ne troviamo un po’ nella sfortunata  famiglia affidataria: i Nidasio,  la gentile e accogliente Francesca, il caro Bartolo che piange con le “lacrime di pioggia” mentre accompagna Antonia all’interrogatorio del Sant’Uffizio, così goffo poi nell’atto di corrompere  quel  plateale  inquisitore – “Un porco a me!” – Manini, la savia amica Teresina, il vecchio  “soldato onorevole” Camparo e   il compassionevole “moderno” boia che aborrisce un supplizio cosi arcaico  non degno della sua professionalità  e aiuterà Antonia a trapassare senza sofferenza.  Il Vescovo Bascapè non si può dire generoso, anche se offre  l’acqua del suo catino  già usata all’addormentato don Delfino, ma è un “cadavere vivente”,    profondamente sincero questo  rinnovatore  fallito, di una devozione onesta e pesantissima perché troppo spirituale che soccombe disilluso  in un mondo  così materiale fatto d’ipocrisia e convenienze. Simpatico è il traffichino  “quistone” don Michele,  falso prete e mago, naturopata  che tutto cura,   umanamente  scalzato da quell’insopportabile don Terenzio – il prete vero – cosi ridicolo con i suoi  saltellanti voli ascensionali, impastato  in un credo  intransigente ed esoso –senza la compassione di Cristo- tutto volto a impedire o riscattare   il male e  le colpe  che un diavolo onnipresente fa continuamente germogliare.   L’ipocrisia di uno Stato, quello Spagnolo, che emana leggi inapplicabili   e poi  non se ne cura, salvo renderle applicabili  quando fa più comodo, donne completamente vestite e avvolte in mantelli neri imbruttite da malaria e  gravidanze, una prostituzione abnorme e al tempo ben frequentata! Incesti per monotonia e sbornia settimanale giustificati dalle consorti; anatemi per rivalsa alla propria codardia, una filza divieti da far invidia ai talebani a impedire che il peccato prosperi rendendo invece agra la vita; falsità per interesse o protagonismo, litigi  che ingrassano  miriade di avvocati; bimbi handicappati sfruttati come attrezzi da fatica; bimbi, gli esposti, utilizzati per alimentare fruttuose opere buone che si riscuoteranno al di là. Le bimbe poi a dieci anni si potevano  cedere per un finto matrimonio a chi ne facesse  richiesta   consentendone così  l’abuso sessuale oppure come serve/i  e bestie da soma per altri. Godibile e  mirabilmente descritta vi è comunque    la vita  che si svolge all’interno della Pia Casa. E  ancora si continua:  stupri,  rapine e i vendicativi omicidi del  Nobile-carogna Caccetta  anche se alla fine sarà giustiziato, privilegiato ha sempre goduto di una giustizia che penalizza pesantemente  i più poveri; e che dire della fruttuosissima catena  commerciale riguardante  migliaia e migliaia di Sante  reliquie – ridicolizzata involontariamente dal povero Cavagna – che tranquillamente operava. E i privilegi di una Chiesa  che inconsapevolmente don Terenzio viene a illustrarci? Le usuali decime, le once e i donatici, le regalie, le Rogazioni ecc. ecc. che don Terenzio esige  e riscuote   per ogni cosa che fa e non fa  tutto  per proteggere dal Maligno e dal male che da esso può provenire. Poi  i fantasiosi pregiudizi: uno cade da un fienile, un bimbo diventa afono, muore un animale, la pioggia tarda a venire tutto per mano della strega. Abbiamo la  sempre brava gente, egoista quanto basta e indifferente che accorre alle belle feste- all’epoca spettacolari e cruente esecuzioni –  così partecipate dalla massa a volta spettacolo a volte furore incontenibile verso il capro espiatorio designato –in questo caso Antonia che non fa cadere la pioggia – e che in qualsiasi momento allora come oggi può esplodere escludendo ogni razionalità.  Ignoranza e superstizione, convivono ancora tra noi ma grazie a scienza e filosofia il Diavolo non dimora più in ogni piega della vita. Non temiamo più persecuzioni  né tremendi castighi ogniqualvolta cediamo al male. C’è stata una  Chiesa   in  cui non abitavano misericordia e carità, padrona di casa era la colpa da espiare e vittima sacrificale era la donna  non plasmata con la materia prima di Dio e pertanto preda del diavolo. Si fa  tentatrice per lui, è diavolo essa stessa ma poiché “di quel diavolo gli uomini hanno bisogno”  ecco scaturire l’odio su di lei; la paura di  quegli  uomini sarà  esorcizzata concretamente  nella  crociata contro le streghe    cui  la purezza d’intenti della Controriforma darà  lungo respiro –  essa durerà tre secoli  portando  sul rogo milioni di donne-.  Purtroppo vi è anche  un altro aspetto che tante povere Antonie hanno dovuto subire: la violenza di una tortura  atroce e orripilante  del corpo, martoriato  oltraggiato, spogliato, frugato e impudicamente esposto  allo sguardo incoscientemente  bramoso di guardoni repressi. Oggi  tutto questo ci  fa inorridire e ci spaventa  perché uomini duri e feroci sono ancora vicini. Siamo comunque grati a un autore come  il Nostro  che onorava  vite  -come quelle di Antonia-    perché  nei suoi scritti “la vita  rimane impigliata in un mare di parole” , così noi abbiamo potuto incontrarla.

 

Autore

Sebastiano Vassalli (1941-2015) da poco scomparso era candidato al Nobel  e finalista al Campiello di quest’anno. Scrittore che si rivolge in particolare alla narrazione e romanzo storico. Con la Chimera vince il premio Strega e Campiello nel 1990. Alcuni dei suoi i romanzi sono:Marco e Mattia, La notte del lupo, Stella avvelenata, La notte delle comete

 


Genere: romanzo