10 Maggio 2018
Molta attenzione si è posta alla lettura de “La Casa della Moschea”, libro scelto dal gruppo di lettura per una curiosità consapevole del momento storico che stiamo attraversando, un po’ sprovveduti e intimoriti dalla prossimità di un mondo che poco conosciamo, quello di cultura islamica. Autore di questo bel libro è un esule “Persiano” accolto in Olanda per motivi politici, Kader Abdolah, scrittore rinomato che ci apre e permette il conoscere l’Islam moderato che lui ha vissuto ma anche la nostalgia per il suo paese molto amato e perduto, causa di tanto dolore con cui ora coltiva la pace. Libro epico eppur intimo, realisticamente tragico ma anche soffuso di antica poesia.
La Casa della Moschea si trova a Senjan in Iran, esiste da molti secoli ed è sempre una famiglia al suo interno a tramandarne la proprietà, la guida e dal suo seme gli Iman della Moschea si susseguono vivendo un Islam tradizionale impregnato di valori positivi. Da li seguiremo, attraverso personaggi che intersecano il periodo storico- che va dallo sbarco sulla Luna (1969) sino oltre la morte di Khomeini (1989), un vissuto di più generazioni accompagnate da chi attraversa tutto: Aga Jan. Monumentale protagonista di una storia personale tra gli stravolgimenti modernisti della rivoluzione bianca filo-occidentale dello Scia Reza Phalevi, da quella dell’ayatollah fondamentalista Khomeini, poi la guerra con l’Iraq di Saddam Hussein e la ribellione terroristica dei Vujadin moderati. Mercante potente e stimato capo del Bazar è uomo saggio radicato in una fede che è temperanza e com-passione per l’uomo. Personaggio esemplare in cui abita il raro sentimento del perdono. Nei rivolgimenti dolorosi, nelle cocenti delusioni che gli vengono incontro in una parabola discendente quasi di decadenza, nell’impotenza lui resta forte e coerente non perdendo mai la dignità e la fede – gran signore del Bazar o piccolo giardiniere nella sua Casa-.
In questa Casa e nella Moschea si vive una tradizione domestica e religiosa che sembra immutabile -nessuna radio in casa e le donne portano lo chador – ma nulla è imposto e ognuno vive secondo il suo sentire e quando in modo ambiguo o scardinando anche la grande Storia entrerà sarà accolta dai membri della famiglia ciascuno a modo proprio.
Tantissimi i personaggi riuscitissimi gli umani e le pennellate poetiche per quelli allegorici della natura: uccelli variopinti, cicogne, l’immortale corvo, il vecchio cedro, il consolante fiume, l’alto volo dell’aquila, i petali dei fiori e il bimbo Lucertola. Amati, ammirati, odiati o accolti da tenera compassione perché a profusione sentimenti universali in essi si sono realisticamente e tragicamente incarnati. All’apparenza nella Casa sembra che il movimento del mondo resti all’esterno eppure entra lo sbarco sulla Luna, Nostrat il fratello fotografo-cineasta da Theran porta donne dai capelli liberi e le gambe nude, appare poi l’orribile Ghalghal, sposo di Seddiq figlia dell’Iman della Casa Alsaberi, anch’esso Iman egli viene da Qom, dove tutte le donne sono velate di nero e tutti gli uomini portano la barba- braccio destro poi di Khomeini e spietato Giudice di Dio. Se ne andrà invece e lontano Shahbal prediletto nipote di Aga Jan e designato erede alla guida della Casa imboccando strade diverse. La clandestinità, prima come oppositore di sinistra al regime dello Scia- fantoccio degli americani, dopo con la teocrazia oscurantista dell’ayatollah Khomeini che tradendo il patto di collaborazione ne ha ordinata l’eliminazione totale-non sono mussulmani integralisti- e infine giustiziere del boia Ghalghal.. Sempre tenuto nel cuore e compreso da Aga Jan che andrà a deporre la lettera venuta dal paese lontano nel segreto archivio, museo dell’intera storia della Casa della Moschea. Se ne andrà invece in una bara l’ingenuo figlio di Aga Jan, simpatizzante comunista, giustiziato e reso perciò impuro, nascostamente in cerca di luogo di degna sepoltura, e prima ancora Lucertola -accettato da Aga Jan come un dono inviato da Dio – sfortunato imperfetto piccolo essere che amava la vita e il calore pur se questa è vissuta strisciando e Iman Alsaberi ucciso dall’acqua perché ossessionato dalla purezza che in essa pensa ritrovare, mentre il figlio Ahmad suo successore se ne va tragicamente perché tutto ha disonorato, troppo ha amato l’oppio, la vanità e il sesso. Vi fa visita ed entra talvolta nella casa Qosdi la pazza dagli occhi che vedono anche l’oltre e perciò tutto sa. Sette donne dimorano in quella casa le due “nonne” che ne sono il perno, amate giudiziose e serventi che a tutto provvedono, determinate e fiduciose un giorno d’andare a morire alla Mecca; così saliranno direttamente al Paradiso, dove sicuramente non andrà Zeynat ,-moglie che l’algido Alsaberi dimentica rendendola cosi invisibile anche agli occhi degli altri,. Zeynat crescendo in quel distorto fanatismo si ritroverà trasformata in un’abbietta torturatrice, causa della giustizia vendicativa che poi l’ucciderà. Le giovani donne per tradizione aspettano e sposano chi bussando alla porta viene a chiederle in moglie, cosi è successo a Saddiq figlia di Alsaberi–lei è libera di accettare o no poiché nella Casa il capofamiglia non lo impone- sposa sottomessa e abbandonata da Ghaghal. Fortunatamente questo non succede alle figlie di Ali Jan e Faqri. Faqri regina della casa è una madre aperta “leggeva libri portati da Teheran” e ha fatto studiare le figlie essendo poi socialmente declassate e non più le ambite figlie di un uomo importante se ne andranno liberamente a lavorare a Theran e lì liberamente si sposeranno.
Scorrono gli anni, la guerra con l’Iraq è finita tutti i contendenti -anche l’opposizione dei mujaidin al governo reazionario degli ajatollah si è arresa a “una stanchezza pacificatrice”, la gente adesso “riesce a vedere i risultati di quei lunghi anni di lotta” con più chiarezza. Gli ultimi abitanti della Casa Aga Jan e Faqri sono ravvivati dalla nascita di un nipotino decidono di regalarsi un viaggio- che darà loro buoni frutti- al loro Villaggio Natale. In quel luogo che non aveva accolto il corpo di Javad saranno capaci di accettare la richiesta di perdono di quegli abitanti indossandone i simbolici doni: il bell’abito a fiori e la bianca camicia, perché credono ancora nella bontà dell’uomo pur comprendendone tutta l’ambiguità. E un nuovo inizio per questa bella coppia si è sempre si è sostenuta l’un l’altra- se c’è amore rispettoso e appagante anche in una società maschilista sboccia la reciproca la fiducia che rafforza e da sicurezza. Faqri è la creatrice della bellezza originale nei meravigliosi tappeti , lei cattura dolcemente uccelli migratori dal piumaggio variopinto da cui trae spunto disegnando forme e colori che danno unicità ai tappeti di Aga Jan.
Nel dibattito si dichiara soddisfatto il lettore che ha proposto la lettura di questo libro, l’aveva scelto sperando di sciogliere pregiudizi e così è stato; un’empatia profonda lo ha colto per Aga Jan e il suo islam domestico. Come per molti di noi che siamo rimasti piacevolmente sorpresi dal respiro sereno che si dipartiva nelle quotidianità della relazione in quella casa islamica. Alcune lettrici vengono a riferire di piccoli contatti avuti con donne islamiche –pur notando una diversa cognizione temporale-che fanno ben pensare a dialogare positivo. Ma fulcro di lodi positive è stato Aga Jan, uomo di responsabilità, passionale e protettivo, generoso, leale e coraggioso, determinato e fermo eppur capace di comprendere il diverso e rispettarlo. Impastato di tradizione e accoglienza, un “uomo” che nella sofferenza non è mai vendicativo ma caritatevole. Marito appassionato -incorpora e fa sue le sensuali parole d’ una poetessa che per la prima volta liberamente osa e può scrivere parole di donna. Lo si coglie nell’anonima generosità verso le “nonne” cui permette il Viaggio alla Mecca; come affettuoso padre putativo ed esempio di vita onorata da portare in sé per Shahbal “Vi confesso di portare tuttora la vostra saggezza come un’antica, preziosa collana”, nell’uomo umile e coraggioso che cerca di fermare la vergognosa gogna dell’asino del nipote Iman; padre dolente e infaticabile nel cercare una tomba per Javad. Quale distanza da chi in basso lo circonda , quegli Iman che abbiamo visto scorrere nella Moschea della Casa: l’ apatico e debole Alsaredi, il pericoloso rivoluzionario Ghalghal, il Sostituto fornicatore aiutato dalle tre paroline che il Corano concede e il brillante Ahmad drogato e licenzioso- Maestri di fede questi ? E dopo gli altri! Iman politici, reclutatori e reazionari.
Nel lungo periodo che intersechiamo molto si viene a conoscere delle sofferenze che i cambiamenti hanno portato a quel Paese. L’aver imposto dello Scia – quello svendutosi agli americani per restare seduto sul Trono del Pavone e vivendo una esagerata personale magnificenza- un mondo troppo moderno ancora lontano dalla realtà del paese. Stravolgeva tradizioni millenarie: – radio cinema , le pettinature di Farah Diba , le gambe nude delle donne e i camici delle infermiere che segnano in trasparenza. Costumi pericolosi, troppo per la Santa città di Qom degli ayatollah che adesso preparerà Iman portatori dentro e fuori delle Moschee della Santa rivoluzione dei timorati di Dio. Quella che arriverà a instaurare la Repubblica islamica di Khomeini, uomo spietato oscurantista e di estrema ignoranza. “Amano solo i cimiteri. Lì stanno bene”. Quello che è spiacevole costatare è che al di là dell’ atrocità che quei Difensori della Legge compiranno e del pensiero unico che impongono, quanto molto si basa e trae forza dalla repressione delle donne. Il temibile e feroce Comitato per la moralizzazione dei costumi, il Codice islamico per l’abbigliamento delle donne. Infastidisce anche la sura in cui “Dio rivolge la sua collera contro una donna” “una corda di fibre di palma attorno al collo”, l’avrebbe suggerita Dio a Maometto in sogno in realtà si percepisce un sogno che puzza di vendetta per quello che lui ha considerato una mancanza di rispetto personale. Abbiamo provato una malinconica tenerezza per la moglie di Khomeini: Batur, anziana e bella quando di spalle, facendo scivolale lo chador che sempre la copre, si lascia guardare i capelli e il profilo perché almeno una volta vuol essere corpo che esiste e non ombra. E ripensando a Zeynat, al suo esser divenuta aguzzina crudele e madre che i figli tradisce, perché solo questo le ha permesso di esserci. Opinioni diverse poi sulle nonne, ci si è chiesti se davvero avessero avuto la possibilità di determinare la loro vita alcuni dicono di si, la decisione di andare alla Mecca si realizza come frutto della costante decisione di spazzare il marciapiede “fioretto” durato quarant’anni, si ribatte che è stata una decisione esterna a loro che l’ha permesso. Vero ma la decisione di rimanere la per andare “prima” in Paradiso era loro. Qualqun’altro fa notare che l’hanno potuto fare perché nubili e non sottostavano al potere decisionale di nessun marito.
Sgradevole costatazione s’è avuta poi i per i velocissimi cambiamenti d’opinione delle persone, tanti lesti voltagabbana con cui la coerenza di vita di Aga Jan si è scontrata: i nuovi irrispettosi funzionari dello Scia, gli stessi mercanti del Bazar, i temibili Soldati della rivoluzione islamica persino il suo antico giardiniere-. Aga Jan invece lentamente da mercante potente diventa un ininfluente negletto, privato perfino della sua Moschea, ma la sua anima resta nobile. Cos’è che permette l’emergere di questi lati disonorevoli e tanto velocemente nella massa della gente, certo si sa la paura, ma anche la non paura di esprimere i propri lati repressi, gli opportuni interessi, ma molto anche l’ ignoranza che preclude alla testa il chiaro e critico ragionamento. Ed è più facile nelle Mosche a Iman teo-politicizzati reclutare e plagiare facilmente i fedeli , molti dei quali ancora analfabeti e pochi conoscono l’arabo classico del Corano; i più ripetono strofe melodiose ma sono le Scuole coraniche che traducano e interpretano e gli Iman sono il tramite per i fedeli. Molto spesso poi la Legge di Allah la Sharia e la Sunna– le consuetudini- (regole parole aneddoti del Profeta) non hanno uguali interpretazioni eppure sono tramutati in dogmi dati da Maometto. Molto si trasforma in fanatico integralismo – l’infedele è un apostata blasfemo che per legge deve essere ucciso- tutto ciò fa molta paura.
Ben venga dunque l’islam moderato di Aga Jan quello praticato dalla maggioranza del mondo islamico, per questo nel dibattito è entrata la fiducia che permette il credere a una convivenza serena alla luce di questa fede sentita e vissuta nel buon senso. Poi anche se nel loro essere islamici quelli che ci vivono a fianco sono portatori di discrepanze nella quotidianità da noi oggi raggiunta, dobbiamo rammentare che in questo nostro Paese non moltissimi anni fa la Messa era detta in latino, le donne portavano un grande scialle nero al Sud, qui il fazzoletto nei capelli e molto era infarcito di pregiudizi che condizionavano le vite. Ci diciamo perciò “bisogna avere pazienza” perché lentamente avviene il giusto cambiamento. Bene allora all’Islam delle preghiere, del Ramadan La Mecca e la caritas sono pratiche religiose, di comune poi tutte le religioni hanno la compassione umana e si spera molto nel critico pensiero. Un aspetto però dell’Islam mi lascia tuttavia dubbiosa e non riguarda il semplice velo per coprire i capelli ma la reale possibilità per le donne di sentirsi realizzate nella propria interezza , non metto in dubbio che moltissime donne islamiche si possano sentire così all’interno della loro tradizione e fede è solo che . ..se la patria potestà maschile esercitata su di loro, rafforzata proprio dalla stessa religione, continuerà ad esistere io donna non accetto… non mi sento tranquilla.
Autore
Kader Abdolah ha pubblicato due libri nel suo paese prima di essere costretto all’esilio. Perseguitato prima dal regime dello Scià, e successivamente dagli ayatollah, ha ripiegato in Olanda nel 1988 come rifugiato politico seguendo l’invito delle Nazioni Unite. Da allora ha scritto e pubblicato in olandese: la raccolta di racconti De adelaars (Le aquile, aer Edizioni, 2002) che si è aggiudicata il Premio Het Gouden Ezelsoor 1993 come opera d’esordio più venduta, fanno seguito una seconda raccolta, De meisjes en de partizanen (Le ragazze e i partigiani, 1995) e i romanzi, tutti pubblicati in Italia (o in corso di pubblicazione) da Iperborea. Con La casa della moschea ha vinto il Premio Grinzane Cavour 2009. Tiene una rubrica su uno dei più importanti quotidiani olandesi. Scrittura cuneiforme, pubblicato nel 2003, assieme al più recente Il messaggero (2010), che è parte di una trilogia dedicata alle origini dell’Islam e al Corano (in corso di pubblicazione integrale), è fra i suoi titoli più conosciuti in Italia.