3 Ottobre 2013
Con un aggettivo “leggero” c’era stato proposto il libro Dolce come il cioccolato di Laura Esquivel, ed effettivamente la lettura di questo dramma passionale, generazionale e sororale, scorre veloce e gradevole grazie ad un’idea di struttura originale ed alla sua particolare tecnica narrativa . Le ricette che scandiscono i capitoli dei libri, dalla preparazione così laboriosa e inusuale sono state sentite da alcuni ingombranti. Qualcun’altro invece ne ha sottolineato l’originalità e la necessità per l’opera stessa, essendo esse il perno e il mezzo con i quali la storia dipana il suo filo. Dalla cucina e dalle ricette, infatti, prende avvio il realismo magico che pervaderà tutta l’opera. Attraverso di esse il cibo preparato da Tita si impregna delle sue emozioni e queste magicamente trasferite si libereranno in vite altrui e in quella … di Pedro. Questa via permetterà la loro sensuale comunione nel tempo. Ebbene, l’abbiamo già detto, è un’opera insolita dalla scrittura semplice a volte poetica ed emozionante, ma a tratti con qualche banalità. In essa vi è un realismo magico che trasborda nel grottesco suscitando rifiuto in alcuni, poi ilarità e grasse risate, perplesse curiosità ma anche romantici momenti trasognanti. Tra i personaggi la simpatia va a Gertrudis, trasportatrice inconsapevole del “desiderio dei sensi“ costretta a placarlo donandosi e donandolo nella camera di un bordello Piace la sua vita piena, la sua forza ed indipendenza ,lei.. la “generalessa”, in antitesi e così diversa dalla sorella Rosaura, chiusa in una vita egoista (con lei continuerebbe l’orribile tradizione familiare) e in matrimonio che in realtà non le appartiene nel quale però, tra meschinità e ipocrisia, vuole rimanere per non essere additata al chiacchiericcio degli altri. Alla fine la punizione sarà per lei una morte oscenamente grottesca. Incanta invece l’altruista , intelligente e sensibile John: perfetto, quasi sovraumano, sue sono le parole ”l’amore non si pensa , si sente o non si sente” ma l’amore sentito da Tita non è per lui, ma per Pedro. Tita e Pedro, due adolescenti ai quali “è bastato uno sguardo” perché s’innescasse tra loro un’alchimia erotica tale da travolgerli. Una passione che volgerà in amore romantico perché contrastato da un’ assurda tradizione familiare che non permette il matrimonio all’ultimogenita poiché destinata solo all’accudimento della propria madre. Pedro irresponsabilmente accetta di sposarne la sorella per restarle vicino, diventando con il trascorrere del tempo anche un uomo geloso e possessivo per l’ altra possibilità di vita offerta a Tita. Ma siamo in un romanzo e loro sono così giovani e infelici che noi continuiamo a seguirne la storia poiché l’amore contrastato irretisce e desideriamo, come nelle favole, il lieto fine e questo, in modo un po’ bizzarro, arriva. In realtà alcuni ingredienti delle favole nel romanzo ci sono: manca il padre, c’è la madre/matrigna egoista e crudele. E’ lei che sin dalla nascita della bimba mette in atto metodicamente una crudeltà finalizzata all’uccisione dell’essere di Tita. Questa bimba forte, coraggiosa, questa fanciulla creativa e sognante che lotta a suo modo per non soccombere alle regole castranti di questa madre-matrigna ha, come nelle favole, l’aiuto magico: lo spirito protettore e “maestro” di Nacha e poi la reale concretezza di John. E’ lui che renderà possibile per Tita il recupero di sé stessa e con esso la libertà di scegliere Pedro e di odiare Mamma Elena. Il titolo originale del libro “Como agua para chocolato” metaforicamente insinua la possibilità di questa rivalsa, perché se il cioccolato ha bisogno che l’acqua arrivi lentamente al bollore altrettanto le frustrazioni ripetute arrivano a far infuriare chi ne è vittima. E Mamma Elena? Per lei non c’è nessuna giustificazione, è cattiva e la sua cattiveria non è solo conseguenza dell’aver subito anche lei la perdita forzata dell’amato, perché essa sta dentro al suo feroce autoritarismo, al piacere nell’essere obbedita , nel distruggere, strappar via, disfare , perché, come dice Tita “in questo lei era sempre la più brava”.
Abbiamo anche scherzosamente dibattuto sul lenzuolo maritale, ricamato attorno al foro, “che permette alle parti nobili”, finalizzate solo alla procreazione, di adempiere l’obbligo coniugale; della mastodontica e interminabile coperta matrimoniale ci siamo chiesti a quale funzionalità adempisse, serviva a riscaldare Tita da perenne freddo glaciale che ogni notte la invadeva? o/e contemporaneamente le serviva a ricordare ed ad alimentare il suo sogno irrealizzabile? Altro ancora è emerso dal fugace incontro con la nonna indiana,di John, la guaritrice Kikapù, con lei è stato colto lo spunto per sottolineare la difficoltà ad accettare il culturalmente diverso salvo poi accoglierlo scoprendone casualmente l’utile ricchezza, quindi l’importanza d’essere aperti alla diversità. Ed è sempre Kikapù che ci dona l’ “illuminante” metaforica teoria dei cerini, essa racconta di una nostra interna scatola di fiammiferi, accendibili solo con la potenza dell’amore e, della nostra capacità di riconoscere tra le molte specie d’amore quello con noi connesso, solo da tale incontro si svilupperà ogni volta quella combustione di calore e luce che ci darà la forza e la voglia di godere pienamente della vita. Da ciò cogliamo il prezioso suggerimento di tenerci lontani da chi il fiato amoroso non ha, da coloro che possiedono il solo mortifero gelido fiato. .
Autore
Laura Esquivel nasce a Città del Messico nel 1950, scrittrice di teatro per bambini e sceneggiatrice: Dolce come il cioccolato esce nel 1989 ed è il suo primo libro , viene tradotto in 30 lingue