Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer

05 Gennaio 2017

 

L’opera “Molto forte incredibilmente vicino” di Jonathan Safran Foer è stata intesa come il primo libro che parla della caduta delle “Torri Gemelle”; narra del dolore di un bimbo che lì ha perduto un papà molto amato. In realtà racconta gli strascichi dolorosi che immense tragedie lasciano nei sopravvissuti, quella sofferenza acuita da immotivati sensi di colpa diversamente elaborata da ognuno.

Nel Gruppo molti hanno elogiato questa lettura: la composizione grafica diviene scrittura originale del testo, la poeticità nella favola e dei bimbi in Centra Park del “6th district”, e Oskar. Catturati, inteneriti da questo bimbo strano, speciale, che indossa le “scarpe pesanti” per sé e per gli altri, colmo d’ipersensibilità e creativa intelligenza; ciò lo rende magico ai lettori invogliandoli volentieri a seguirlo – lui e il suo tamburello protettore – lungo le strade newyorkesi e nei    variegati  umanissimi incontri con i  tanti   Back estrapolati  dall’elenco telefonico.  Altri partecipanti , in quella  realtà  a volte  iperealisticamente alterata,  non ravvisavano nessuna  magia  ma un libro dalla contorta struttura  in cui  più voci narranti, alternandosi confusamente  tra spazi temporali differenti, regalava  irritazione   verso i personaggi  e le situazioni.

Non casualmente nel libro troviamo  collegati due gravissimi tragici eventi: l’attacco alle Torri gemelle,   – settembre 2001- e  il bombardamento americano della città di  Dresda nel febbraio 1945-ove perirono centinaia di migliaia di persone-. Un  filo  lega Oskar – orfano del papà Thomas disperso in una delle Torri, a sua volta figlio di una sopravvissuta di Dresda- e la nonna.. Oskar è un bambino particolare e molto amato, ha un  bellissimo e  coinvolgente rapporto  con il  suo papà, uno  stretto e reciprocamente  protettivo   con la nonna e ultimo quello con la mamma che ai suoi occhi,  ora, sembra abbia  già dimenticato papà. Due anni sono trascorsi da quella  tragedia ma Oskar  è ancora incastrato  nella sofferenza: ha nascosto a tutti i suoi familiari i messaggi che il padre ha lasciato nella segreteria telefonica – ora occultata- e  prova una gran pena  per  non aver risposto,   pochi istanti prima del crollo, alla sua ultima telefonata. Continua a chiedersi  come sia morto il papà e perché  non  gli abbia detto al telefono per l’ultima volta, ti voglio bene . Un giorno   nello sgabuzzino del padre  trova per caso,  dentro ad un  vaso, una busta intestata a Black  con all’interno  una minuscola chiave, decide  cosi  cercare quel signor Black per avere delle spiegazioni. Inizia il pellegrinaggio- senza che lui lo sapesse la mamma ne ha agevolato  i movimenti-  tra tutti   i newyorkesi che portano quel cognome  per scoprire  cosa la chiave di papà aprisse. Prima da solo poi in compagnia d’uno  dei Black, – l’ultracentenario coinquilino del piano di sopra –  per ultimo dello sconosciuto “inquilino” ,- non immaginario-  di nonna.  Il suo girovagare dura circa un   anno ed  ecco che inaspettatamente Oskar  trova il possessore della chiave  – anche per lui era importante  recuperarla- che era rimasta  sbadatamente infilata nel  vaso  da questi poi venduto  al papà di Oskar.   Ancora un  atto importante   per  Oskar, lo compie assieme  all’inquilino di nonna: sono andati di notte al cimitero  a dissotterrare la   cassa “vuota” rappresentativa del babbo e  questa  inaspettatamente  viene riempita   del contenuto delle valige dell’inquilino   -che in  realtà è il nonno.  Sono tutte le lettere  che egli non  ha mai spedito a suo figlio Thomas. Ma questa è l’altra storia ed è iniziata a Dresda poco prima del  bombardamento  così noi andiamo a cercare in quella notte il  quindicenne  Thomas  che attonito e ferito vaga e cerca inorridito tra le fiamme della  sua città. Senza un ultimo saluto  egli ha perso tutto quello che aveva incluso il suo futuro  legato ad Anna incinta,  perché “aveva assieme l’idea di un progetto”. Anna è la sorella di nonna. Alcuni anni dopo a New York, nonna e Thomas si ritrovano per caso, Lui non parla più, un Sì e un No tatuato sulle mani, un bloc-notes e una penna al posto della lingua. Lei ha il bisogno di toccare e salvare, è lei a scrivere su quel quaderno  “Sposami ti prego”. Si sposano, ma niente tedesco e niente passato, nessun figlio e zone delimitate in tutta la casa siglate come “Niente” e  “Qualcosa”;  le regole della distanza per poter sopravvivere . Loro possono aiutarsi dandosi  reciprocamente solo  cose –le riviste, il tè -,  l’amore di dietro “cosa serva l’amore”  pensa Lei,  mentre  Lui  solo sente e scolpisce Anna. Lui all’aeroporto a guardare la gioia degli  altri nel ritrovarsi, Lei che  batte a macchina  parole bianche  di vita perché  nulla lui  gli ha dato. E poi confusione tra loro negli spazi di Niente e Qualcosa, sino quel  giorno  in cui Lei ha consapevolezza di “dover riempire il buco al centro di se”, infrange la regola  ed ecco il figlio, Lui e la valigia…a  Dresda. Thomas ritorna a casa alla morte del figlio che porta il suo nome ha con se le valige colme di lettere e spiegazioni, per Thomas.  Nonna lo ospita in una stanza-, è “ l’inquilino” ha il divieto di farsi vedere e di parlare al bambino, perché Oskar è solo  il nipote di nonna come Thomas e solo figlio de lei. Ma per  aiutare il nipotino  lui trasgredisce, non dice chi è  ma lo accompagna nella  sua  ricerca. Dopo aver  consegnate le lettere in cimitero  a Thomas la  notte in cui  ha veramente guardato, salutato e amato tutti per   per la prima/ ultima  volta torna all’aeroporto. Anche questa volta nonna lo raggiunge – ha  chiuso definitivamente la casa –  e ora con sincerità cercano di dire scrivendosi le loro verità, ed è  Lei  a suggerire  quel  luogo –metaforico   punto franco tra il Niente e Qualcosa –  quale approdo per il  loro vivere assieme.

Eccentrico  rapporto  e vita alquanto singolare questa descritta  nel  libro ad  illustrare   dinamiche e  motivazioni diverse  che i sopravvissuti di grandi catastrofi diversamente mettono in atto nel proseguo delle loro esistenze. Thomas, che lamenta una  sola vita, cerca  di stare nel presente tra Niente e Qualcosa, in  realtà più Niente,  ancorato com’è a un  passato rivestito  di un futuro mai esistito che continua a proiettare Anna e il bambino e a soffrire perché “non si può amare di più di quello che ci manca”. Lui “non sapeva come essere con Lei essendo con Lei“,  la moglie lo “uccide” perché gli ricorda se stesso”. Ora questo figlio  gli renderebbe  un futuro reale ma scappa e lo abbandona, ha paura che viva “perché la vita è più spietata della morte” e di amarlo,  perché potrebbe nuovamente perdere ciò  che ama, è meglio Niente.

Lei, – senza nome -, la figlia, la sorella,  la  “moglie”, la madre, la nonna di Oskar, ha lasciato il padre sotto le macerie  e oggi   il figlio è sotto altre macerie,  anche lei non ha detto ti voglio bene a chi voleva bene,  “perché non era il momento giusto”. Quando rincontra Thomas a NewYork è una salvatrice e lo sposa, non è stata infelice in questo matrimonio, hanno talvolta riso assieme e poi lei “non ha mai amato sentirsi sola”, le piace con le mani toccare, stare  seduti fianco a fianco – è un esistere assieme- “era il tavolo dove stavamo vicini l’una all’altro.  Sostituiva il letto” . Ha voluto il figlio e ha vissuto di nuovo e anche ora che le è stato tolto  riesce dire all’inquilino Thomas, “che è meglio perdere che non aver mai avuto” mentre lui ancora dichiara  “io ho perso qualcosa che non ho mai avuto” a  Lei che tanto tempo prima l’aveva lasciato andare a Dresda sperando in un suo ritorno perché  lì  nulla c’era. Lei ha la risposta giusta ”tu avevi tutto” . Una comune tragedia  e in loro  la differenza. Dopo il dolore,  la vita che lei accoglie e le fa comprendendo nel tempo    che   la sofferenza sua e dei cari   che l’hanno preceduta era necessità,  tutti  “erano stati necessari per renderti possibile”. Hanno reso possibile  Oskar quel meraviglioso bambino  amato ora  da entrambi. E anche ora, Lei  desiderava “toccare Lui attraverso tutta quella distanza “.

Oskar ha fatto anche lui il suo cammino, lo sentiamo dire “non mi sembrava più di muovermi nella direzione di mio padre”; ha ormai incontrato William Black , anch’esso  reduce da un  lutto paterno conflittuale ma riflettendo è arrivato a a comprendere come  non sia poi tanto importante l’ultimo saluto quel “ti voglio bene”   ma  la consapevolezza d’essere stato amato e d’ amare.    A quest’uomo  Oskar confessa il segreto delle telefonate  e a lui, divenutogli  “ catartico papà”, chiede   perdono e William lo “perdona”. Ora il percorso è concluso come testimonia Oskar   confidando  al nonno che “quella  ricerca lo ha fatto restare vicino  al papà ancora per un po’”e alla rassicurazione che lui “starà vicino per sempre” al  suo papà, il bambino risponde No.  Più saggio del nonno sebbene con le scarpe pesanti, la sua vita continuerà.  Adesso  non vede più papà che cade dal grattacielo ma a volte la sera sarà lì  a riaccontare la favola bella.

 Autore


Genere: romanzo