02 Aprile 2015 di Jan-Philipp Sendker.
Appena lasciato lo splendido scritto e la cupa storia d’amore di Heathclìff e Catherine il gruppo di lettura s’ affaccia di nuovo all’amore scegliendo un libro, sin dal titolo, romantico: L’arte di ascoltare i battiti del cuore di Jan-Phillip Sendker. E’ opera dalla scrittura semplice e pacata che ci porta, con una buona descrizione ambientale, in un piccolo paesino birmano ad ascoltare una speciale storia d’amore, in cui i personaggi regalano con delicatezza una gamma corposa di emozioni. Qualcuno fa notare che, se pur ben scritto e di piacevole lettura, il testo non tocca mai punti di vera eccellenza e a volte risulta lento e ripetitivo. E il lato ragionevole della cultura, di cui siamo figli, vi trova discrepanze e punti di domanda. Come è tutto insolito! Non convince in qualcuno la trasformazione d’un sensibilissimo giovane vissuto poveramente all’altro capo del mondo ed ex-cieco, nel brillante avvocato americano difensore di stars e Case cinematografiche? Ma è l’altro quesito a dividere i lettori. E’ credibile un amore durato più di cinquant’anni nella lontananza e senza nessun contatto? Può essere solamente una edificante favola? Molti vogliono credere che per chi possiede quel dono sia così, forse in quella placida cultura, così opposta alla nostra, dove persone dall’aspetto sereno praticano ancora il rispetto e l’abnegazione è davvero possibile amare in quel modo. Non abbiamo apprezzato invece il fanatico asservimento della popolazione all’astrologia e agli indovini. Basti pensare a quel ceppo di pino ove un bimbo anelante amore subisce il trauma dell’abbandono da parte di una madre paurosamente avvelenata dal pregiudizio. Superstizione che plasma anche le egoistiche motivazioni dello zio di Tin Win che si approprierà della sua vita causandogli quella svolta che lo porterà alla lontananza fisica dall’amata Mi Mi. Mentre s’è rilevato che quando prevale l’amore e ignorati gli indovini, questo si propaga ai membri della famiglia regalando serenità, come dimostra la madre della piccola Mi Mi dai piedi deformi. Perplessità per il comportamento del protagonista che lascia la famiglia americana dopo 35 anni di convivenza e 35 anni di matrimonio senza dare spiegazione alcuna; e ancora a chiederci perché non torna in Birmania da Mi Mi visto che non asseconda lo zio che lo vuole sposato ad un’altra fanciulla? Perché resta in America e poi si sposa? Cercando, lontani dal nostro mondo, tra le pieghe del libro troveremo, forse, qualche risposta. Ci aiuta l’esperienza di viaggio d’una lettrice la quale descrive gli abitanti di quei luoghi, come persone discrete, aggraziate, silenziose e devote verso gli anziani; in quei luoghi, riferisce, si respira una certa spiritualità… E in luoghi simili Tin Win è cresciuto. Un’altra lettrice legge alcune sagge parole di U Ba sull’amore che ne ampliano fortemente la visione: ” L’amore ha tante forme differenti, Julia, tanti volti….La difficoltà sta nel riconoscerlo quando ce l’abbiamo davanti………vediamo solo quello che conosciamo….Vogliamo essere amati come amiamo noi. Ogni altro modo ci è estraneo, lo guardiamo con dubbio e sfiducia. Accusiamo. Affermiamo che l’altro non ci ama. E invece forse ci ama in un modo tutto suo che non conosciamo”. Comprendiamo di più ora il vecchio Tin Win che s’allontana da una moglie ormai distante, delusa da un amore diverso da quello che voleva, irriconoscibile per lei, a cui pur era stato detto un tempo: “ti amo, perché non ti basta?” E i figli, ora adulti, avrebbero mai compreso nel padre l ‘uomo che si da il permesso d’ andare finalmente ad appagare una promessa d’amore? Sarebbe stato possibile prima tornare da Mi Mi in terra Birmana, disobbedendo allo zio sacro tutore-padre a cui è dovuta obbedienza assoluta non sposando la sposa prescelta? Può disobbedire solo in America ove è stato mandato a studiare sperando di tornare alla morte dello zio. Ma quando questo finalmente succede sua moglie Judith aspetta un figlio. Ma perché s’è sposato! Va beh è stato un po’ forzato e ha rimandato a lungo il matrimonio ma ha pur detto d’amarla, l’ha amata questa donna e ha amato la sua famiglia, forse perché nel suo cuore egli aveva sempre e comunque amore. Ma entriamo nel romanzo ad incontrare Julia Win dall’alta statura, figlia amareggiata con la voglia di capire, giunta in questo piccolo povero paesino birmano con un indirizzo trovato in una vecchia lettera d’amore del padre per MiMi, spera di rintracciare suo padre scomparso da quattro anni in Birmania. Le si avvicina un rugoso esile e compito vecchino, sembra attenderla da tempo e le vuole raccontare la storia che Tin Win gli ha lasciato. E gradualmente attraverso la voce di U Ba – che alla fine riconoscerà come fratello -Julia riuscirà a conoscere suo “padre” Tin Win e Mi Mi la sua amata: lentamente egli prenderà forma in un bimbo non amato perché nato in un giorno astrologicamente infausto, un bimbo davvero speciale che riesce a vedere le formiche piangere, un bimbo crudelmente abbandonato, poi salvato e amorevolmente accudito da SuKyi, materna e intelligente; un ragazzino cieco (ed era solo una cataratta!) che sente l’animo delle cose e delle persone, la loro essenza, egli possiede una straordinaria capacità di ascolto che arriva a captare anche i battiti del cuore. Poi ragazzino che segue gli insegnamenti del vecchio e saggio Maestro cieco U May, dalla massima “La ricchezza di un uomo sono i pensieri del cuore“ all’utilissima per lui “…la voce è una bussola nel mondo dei sentimenti umani”. Poi l’adolescente Tin Win che incontra il battito e il cuore di Mi Mi, bellissima armoniosa fanciulla dai piedi storpiati e la voce melodiosa , i quali aprono in lui “una fessura nel grembo del mondo”. I due ragazzi si riconoscono destinati, c’è in loro una accettazione e complementarietà che, se pur sembra non è data dal bisogno e che li rende più forti. Gli occhi di lei sono i traduttori dei suoni, aiutano Tin Win a sconfiggere la paura rendendogli la sicurezza che ancora non conosceva. Mi Mi invece si sente compresa in quei momenti di fragilità che ad altri non mostra: attraverso lui partecipa ad un mondo più vasto sebbene i suoi piedi non ne calpestino mai il terreno. Amano generosamente, posseggono quel dono “che solo ad alcuni è dato”. Un amore che la superstizione cattiva dello zio impedisce ma che l’incrollabile reciproca fiducia ne permette il continuo fluire. La lunghissima attesa di Mi Mi, il ritorno di Tin Win e le bellissime lettere mai lette, ne fanno testimonianza: ” Come triste e sconsolata la vita di quelli che hanno bisogno di parole per capirsi e hanno bisogno di toccarsi, di vedersi e di sentirsi per essere vicini…” “.. sento una gratitudine immensa non è nostalgia o paura quello che sento quando penso a te.” Possono dirsi parole così perché sentono d’aver avuto tutto quello che l’amore può dare, sono completi anche perché nel loro unico amplesso amoroso tutti i sentimenti dell’essere umano sono “esplosi insieme e per un istante, il tempo di uno o due battiti, tutto nella loro vita ha avuto un senso e loro lo conservano a patto di non essere avidi. Ne deriva una tale sicurezza da permettere queste affermazioni di Mi Mi : “come spiegare quello che tu significhi per me , quello che mi dai, non ha niente a che vedere con il luogo in cui ti trovi? Che non c’è bisogno di toccare la mano dell’altro per sentirsi vicini”, e arrivare a far aspettare la morte per poterlo rivedere; al punto che lui la invita,questa morte, per poter andarsene con Mi Mi. Julia ora è pronta ad accettarli entrambi e a conservare l’amore avuto dal padre, è in pace nel piccolo cimitero mentre ascolta la voce di U Ba, suo caro fratello narrare la favola da lei molto amata nell’infanzia, ora reale conclusione di due vite che vanno magicamente a ricongiungersi nelle colonne di fumo delle loro ceneri. Questa si per noi una fiaba! Ma bella.
Autore
Jan-Philipp Sendker è nato nel 1969 ad Amburgo. Vive a Berlino dove lavora come giornalista per Stern. L’arte di ascoltare i battiti del cuore è stato il primo dei suoi libri ad essere pubblicato.