07 Marzo 2019
Una questione privata
Il romanzo breve “Una questione privata” è considerato il capolavoro di Beppe Fenoglio. Con prosa classica ed elegante e uno stile scarno e asciutto l’autore narra sentimenti profondi e fatti tragici. La trama scorre mentre il suo protagonista è perennemente in movimento tra la natura nebbiosa e ostile, il filo dei ricordi e una pericolosa realtà, lasciando nel lettore freddo nelle ossa e nella testa un pensiero desolante per il “tremendo” che ogni tipo di guerra impone. Perché anche in quest’opera che narra un amore adolescenziale e assoluto vi si trova importante la guerra partigiana che sembrar solo incorniciare la superficie di questa narrazione. Conflitto lacerante dalle reali conseguenze che lo stesso provoca nell’individuo e nella collettività. Il tutto tessuto in un paesaggio cupo magistralmente descritto, animato da freddi venti, piogge sferzanti e la nebbia..
Novembre ’44, siamo nelle Langhe, vicini alla città di Alba, in una di quelle malevole giornate osserviamo un giovane partigiano – Milton l’intellettuale – fermo con un compagno davanti a una casa in collina: è la casa del suo amore segreto per Fulvia. Il caso lo l’ha portato lì, sa che Lei non c’è ma ora desidera rivisitare le stanze dei ricordi e la custode, che lo riconosce, l’ accontenta. Non il conforto sperato riceverà ma una notizia per lui sconvolgente, gli sarà riferito dei molteplici incontri notturni e silenziosi di Fulvia e Giorgio. Il bellissimo e ricco Giorgio suo amico d’infanzia e di sempre, ora come lui stesso militante nelle brigate partigiane badogliane. Colpo tremendo questo , un doppio tradimento amoroso e amicale così comincia la follia amorosa. Vuole sapere la verità, parlare con Giorgio e corre da lui ma Giorgio non c’è a causa di una fitta nebbia “un mare di latte” è stato preso dai fascisti. Ma Milton vuole quella verità a tutti i costi, fascisti da scambiare prima che lo fucilino non ce ne sono poiché vengono subito “scorciati” dunque cercherà lui stesso di catturarne uno per fare lo scambio; sembra che la fortuna lo aiuti poiché una vecchia contadina gli permette la cattura di un suo coetaneo della Brigata fascista San Marco, un sergente di Brescia, ma questi, poi, tenta la fuga e la mano di Milton automaticamente preme il grilletto e lo uccide. Ormai nulla potrà fare se non andare sino ad Alba per sapere se Giorgio è morto, ma poi decide di rivedere la casa che adesso ha un aspetto desolante e grigio, non ha più dubbia ora “non c’è nulla da chiarire” ma il suo amore per Fulvia continua e vorrebbe solo sapere: “solo se io ho la tua anima”. Il cerchio si chiude in quel luogo, ma senza risposte e lui, braccato dai fascisti, inizia quella strana corsa folle e lenta, onirica tra fango e pallottole, con un pensiero solo –morire con un colpo alla testa; eppure “ancora correva” entrando nel bosco qui si ferma davanti agli alberi che ora sono per lui il muro e crolla.
E tra i lettori alcuni hanno sperato che quello fosse per Milton riparo sicuro.
Un paesaggio che anche se l’autore per esperienza diretta – era stato partigiano- conosceva bene, è descritto da parole perfette che rendono a noi stessi l’aria deprimente e pesante. Venti freddi, piogge sferzanti, grigiore ovattante, dense nebbie, cupi anfratti e alberi scuri, e tanto fango viscido e pesante , catapecchie che poco riparano e vecchi che aspettano, attese e paura e il male tra gli uomini nella realtà di una guerra fratricida che disumanizza l’uomo. “ ..ho ucciso un uomo…Ma io sono sempre lo stesso” dice Milton pensando a Fulvia e un amore pensato lo aiuta, ma la regola, come per il pragmatico commilitone Ivan, è che “il privato va lasciato a dopo la guerra”. Infatti, la follia amorosa di Milton nata dalla gelosia e dal dubbio con i suoi centri concentrici porta con l’uccisione del sergente fascista all’esecuzione vendicativa verso i due giovanissimi porta ordini partigiani. Eppure Milton si era fermato davanti alla villa di Fulvia solo per il bisogno di riscaldarsi alla luce e al tepore dell’estate del ’42 e di un amore che si manifesta e si nasconde tra parole profonde tradotte e bellissime parole scritte “Tu sei tutto lo Splendore”; musiche ascoltate e mai ballate perché lui in quel primo amore, fatto di fantasie e desideri, lascia aperta la porta all’attesa di conferme che non ha il coraggio di esigere. Si accontenta dell’anima di Fulvia, pago della sua fanciullesca tirannia. Perché la bellissima Fulvia giovinetta acerba dalle trecce scure ha una grande capacita seduttiva che non incanta però un nostro lettore il quale non approva il suo comportamento con Milton. Altri riconoscono in lei una normale ragazzina di sedici anni troppo sicura di piacere e un po’ superficiale che ascolta volentieri le lusinghiere parole di Milton, il non bello dagli occhi grandi, le gambe secche e due sigarette in tasca che la guarda giocare a tennis con il biondo bel Giorgio, ma che vede la sua vita futura legata a quella di lei. Sebbene deluso e ferito nello scoprire il libro regalatole con sacrificio abbandonato nella svuotata libreria, cede e crolla trafitto da gelosia e tradimenti quando scopre che mentre lui dopo l’otto settembre è in fuga da Roma, dove prestava servizio militare, Fulvia potrebbe aver avuto con Giorgio un legame ben più carnale del loro. E il dubbio che da speranza e la verità a tutti i costi, “prima che quella sporca guerra lo uccida”, muovono Milton nella follia amorosa lungo uno spazio reale verso conseguenze funeste. .
Se non fosse mai passato davanti a quella casa, altro sarebbe successo ma una lettrice suggerisce che il bisogno dei ricordi è stata pausa necessaria, come del resto i quattro giorni di viaggio nella sua individuale questione privata, stacco per un cercare di esserci al di fuori dell’abbruttimento doloroso e marchiante che ogni guerra, anche se “giusta”, imprime. Tregua da ciò che comunque disumanizza. Un male – ci testimonia una nostra lettrice che ricorda: “si odiavano” – che nella nostra cittadina ci fu, ma che anche un piccolo gesto gentile può mitigare, come quello di qualcuno generoso – non parrucchiere – che acconciando corti capelli ricresciuti rendeva femminile le teste rapate di giovani donne messe alla gogna.
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