L’altra madre di Andrej Longo

06 Ottobre 2016

L’altra madre di Andrej Longo  è uno dei due testi adottati dal gruppo di lettura per l’incontro di ottobre.  Libro ben introdotto e sentito da chi l’aveva proposto, esso apre fessure su Napoli, la napoletanità ed  entra nelle emozioni forti  di due madri dolenti e lupe per i propri figli. Una scrittura velocissima, teatrale –tutto è dialogo-,  fotografia di luoghi e azioni, personaggi ben caratterizzati, marcati in  cui l’ interiorità è descritta dalle cose e nei movimenti. Lo stile  è molto gergale, accompagnato da parole dialettali, che  in alcuni lettori  ha provocato  distanza da un pieno sentire. La storia inizia con  due ragazzi, Gennj e Tania e il caso malefico che sfiorandoli ne principia la tragedia perché  Tania muore. Lei  è incespicata – sui nuovi tacchi alti- mentre difendeva  la borsetta  strattonata da Salvatore “o’nigeriano” che  in sella alla motocicletta guidata da Gennj effettuava lo  scippo. Chi sono Gennj e Tania? Due adolescenti di sedici anni.: Gennj  va “a faticà” in un Bar, gioca a pallone è sornione e veloce in tutto,  Tania invece studia, va a festine  e ”ama i pesci perché stanno zitti e non dicono scemenze”,  entrambi vivono  solo con le madri, in buon  accordo,  amati , accuditi, gli  ambienti sono però differenti. , Gennj  in una periferia ingombra di casermoni e malavitosi  ha una mamma malatissima – bombola d’ossigeno a fianco –  che  cuce  bordi ai jeans e, molto   attenta a che non imbocchi cattive strade perché sa  di non potergli rimanere accanto ancora per molto. Tania vive altrove con una mamma atletica, Irene ,verso di lei   amorevolissima  ma disillusa e  incattivita. Fa la poliziotta. A  quello scippo Gennj è andato per non farsi vedere  un debole dall’amico Salvatore  – già delinquente-  e poi in quell’ambiente questo atto non è certo male grave. E dispiaciuto per quanto è accaduto, ma è più la paura delle conseguenze che lo abita. Infatti, non solamente  la Polizia lo sta cercando  ma anche  il Boss del quartiere – Salvatore è stato  già ammazzato-  , recava troppo  disturbo il gran  girovagare della  Polizia nel loro  territorio. Anche Irene da loro la a caccia , non si da pace è in lotta con il dolore – desidera di morire –  e la vendetta. La Legge è troppo buona per quel che e stato fatto a sua figlia –pensa-. Riesce a rintracciare Gennj, entra nella casa e,  se pur questi  è  difeso  fino allo stremo dalla mamma moribonda, con  la violenza  lo rapisce. Lo trasporta da lei  e un anomalo  processo  ha inizio con condanna a morte ma non basta Irene vuol: il pentimento di Gennj e il  riconoscimento ere la grande   perdita che lei  ha subito , vuole chelui capisca chi era Tania. Una rabbia tremenda  la agita, è estremamente brutale, sevizie fisiche e psicologiche si susseguono per giorni su Gennj  che  abbigliato  mei panni di Tania  e costretto a imitarne gli  usuali comportamenti. Egli si proclama innocente sempre , dispiaciuto  ma innocente,  guidava solamente la motocicletta ,lui e si  destreggia  dentro la paura con la solita  furbizia ma poi sfinito  accetta la sentenza. In quei giorni comunque qualcosa  è successo.Qualcosa ha trasmesso della sua  vita con la madre:  il reciproco affettuoso accudirsi che li lega. Cosicchè  senza capire  perché  Irena si ritrova una notte in una stanza d’ospedale, nel letto la madre di Gennj che lotta per non spegnersi,-ella  non sa la sorte del figlio-. Il braccio di Irene e agganciato e …. due occhi che parlano… e poi chiedono.  E  lei risponde— “è vivo”.

Rientrata  a casa Irene   libera Gennj  e lo esorta – incredulo  e sbalordito –  ad andare  dalla madre morente. Che cos’era passato,  prima, nello sguardo di quelle due madri?  Riconoscimento, il  riconoscersi simili  in un dolore grandissimo e comune, l’ impotenza e la condivisione, una comprensione unica che consente in Irene il placarsi della   rabbia  e permette in quella  con-passione  all’altra madre  lambire un po’ la  serenità. Ma  dell’altro ancora germoglia: il riscatto di Gennj quando  dopo il funerale della madre andrà ai fermarsi  dinnanzi la tomba di Tania e guardando nella fotografia gli occhi  ancor vivi chiederà perdono, ha compreso la perdita e ha  acquisito ora  la sensibilità che gli permette agli squilli di Irene -che tenta il suicidio-di comprenderne l’ implicita richiesta  d’aiuto. Così adesso  lui  corre,  corre  in sella alla motocicletta,con quella velocità che è la sua bravura  a salvare quella che è l’altra madre.

Nel dibattito, anche se si sa che non è possibile sapere, ci siamo chiesti: Io   come avrei reagito? Cosa abbiamo sentito  e pensato alla lettura di queste pagine forti. Emozioni e pensieri  che toccano la diversità che è in ognuno di noi. Così  c’è chi  giustificherebbe l’agire in proprio la forte giusta  vendetta,   chi invece si’accontenterebbe di praticare  le sole  sevizie che  scaricano la rabbia, altri ancora  si affiderebbero alla Giustizia Istituzionalizzata, qualcuno non sa come reagirebbe  perché non ha figli, ma nessuno perdonerebbero,  perlomeno non  subito ! Perdonare  è difficile,  per qualcuno perfino le sevizie subite dallo stesso  Gennj non sarebbero state  perdonate.  Irene suscita anche  perplessità, perché se pur madre straziata, il  suo comportamento  contrasta, e in totale opposizione  con il dovere impostole dal  suo lavoro,  lei lavora per la Legge.Unanime accordo per la sofferente e malata madre di Gennj per il suo lottare e volere una vita onesta per il proprio  figlio. Due, donne forti comunque e brave madri entrambe.

Si è chiacchierato poi anche sulla nostra diversa italianità, riconoscendoci così regionali! noi veneti  un po’ chiusi e ligi – i gerani che abbelliscono i nostri ponti – lo riferisce un napoletano –  sarebbero spariti già  nottetempo a Napoli, –  ma   nella confusa inventiva – carente di regole-   scorgiamo anche una  generosità che  caratterizza una napoletanità spesso  attenta all’altro, vedi l’obololasciato al Bar  per  un caffè da offrire a chi non può permetterselo.

Terminiamo ora  ritornando allo spunto  suggeritoci  da una lettrice all’incipit del libro. In queste brevi  righe ci viene come  “ … l’orizzonte del mare”  – mare comune a Irene e Gennj-  non è “ la fine, ma solo l’inizio di un altro orizzonte” come a volerci mostraresuggerire che c’è sempre  dell’altro  ancora  e tra le pieghe di un tragico dolore possaaffiorare la compassione  e in   questo nuovo orizzonte forse  si   edificherà   nuovamente.

 

 

 

Autore

Andrej  Longo è uno scrittore napoletano

Laureatosi in lettere al DAMS di Bologna, inizia la sua attività letteraria collaborando come autore di opere teatrali, radiofoniche e cinematografiche.

Nel 2002 pubblica la raccolta di racconti Più o meno alle tre. L’anno successivo pubblica il romanzo Adelante (Vincitore ad ex aequo Sezione Narrativa Premio Nazionale Letterario Pisa). Nel 2007 pubblica Dieci, una raccolta di racconti ambientati a Napoli ed ispirati ai dieci comandamenti, per il quale Longo viene insignito del premio Bagutta, del Premio Nazionale di Narrativa Bergamo e del premio Piero Chiara.

Nel 2016 pubblica per Adelphi L’altra madre.


Genere: romanzo