Dove nessuno ti troverà di Alicia Giménez Bartlett

06 Novembre 2014

Alicia Giménez Bartlett,  rinomata scrittrice di storie poliziesche, è l’autrice del romanzo Dove nessuno ti troverà. Un’ opera che ha richiesto anni di studio e ricerca trattando del   periodo storico che segue la  guerra franchista  e di un personaggio realmente esistito: la Pastora, partigiano dal sesso incerto, bandito  leggendario, accusato  ben di 29 omicidi (in realtà mai confermati).  La storia e la scrittura  tengono desta l’attenzione, dipanandosi in due vicende che si  alternano in  differenti narrazioni:  a tratti udiamo una voce che  confessa con innocente, a tratti poetica sincerità, una vita tragica e cruenta;  mentre seguiamo, in ambienti aspri e selvatici, l’instaurarsi di un’intima amicizia tra il  medico francese Lucien e Carlos, giornalista  spagnolo, diversissimi tra loro.

La serata apre con un intervento di  commossa simpatia per la Pastora , per la vita dura e solitaria, per le umiliazioni subite;  ricordiamo quell’avvilente arrendersi alla  brutalità irridente, alla violenta sopraffazione dell’autoritario gruppo che  curioso guarda e tocca le  sue “malformate” parti intime. Lo sforzo per non reagire la fa tremare,  lei  vuole  vivere e per questo lascia violare un’intimità che è sempre stata  salvaguardata  dalla vergogna. Quella “vergogna”  che la povera madre ignorante vuole evitare a quell’esserino (prefigura un’umiliante visita di leva) e a se stessa ingabbiandolo in un  nome: Teresa. Povera Tereseta trasformata e rinchiusa in quel nome. Qualcuno  comunque puntualizza che  La Pastora è stato   un vero violento bandito negli anni di latitanza. Andiamo allora  brevemente a ricordarne la storia. Egli nasce tra le irte e scarne e montagne della valle dell’Ebro in un ambiente povero e arretrato,  orfano  di padre a tre anni ,  detestato dalle sorelle che male sopportano la curiosità che provoca nella gente, è deriso e dileggiato per l’aspetto nettamente  mascolino: “Teresot , Teresot che cos’hai tra le gambe” è  il ritornello che accompagnerà la sua infanzia.  Tereseta  troverà a dieci anni   rifugio  e sollievo in montagna accudendo alle pecore,   sia pur con molta fatica e solitudine  trova sollievo nella compagnia degli animali, che ama,   guarda le notti stellate e non ha   più confusione dentro di sé poiché li può essere solo sé  stesso.  Crescendo acquisisce una  possanza fisica che  non gli fa più temere  i lazzi degli altri, anzi ama le feste e i balli di paese, come i  due bicchieri di vino che le permettono di percepire un po’ di quel calore umano di cui  sente la mancanza. Una vita modesta e dura per una donna che sa di essere diversa , quant’anche indipendente e libera; lei conosce solo quel mondo e da  persona  semplice lo accetta. E’ dall’esterno  che arriva casualmente la grande svolta  per Tereseta,  che temendo  le ritorsioni dalla Guardia Civile Franchista, per  l’amicizia instaurata con i partigiani, accetta l’offerta di unirsi a loro. Non ne conosce però l’ideologia ed è attratta dalla proposta di alfabetizzazione e dal piacere di mettere a disposizione la sua conoscenza di quel territorio e.. allora.. le  lunghe nere gonne che indossa .. sono d’impaccio! Avviene ora il grande rito di passaggio, quel momento in cui i lunghi capelli vengono tagliati  accompagnato da  lacrime che sanciscono l’addio a un mondo conosciuto e a se stessa e subentra il timore del nuovo.  Dentro a un paio di calzoni e   dei baffetti che ricoprono   vezzosamente  un’antica cicatrice compare, pienamente a proprio agio, Florencio,  un uomo  tra pari, ove svolge i suoi nuovi incarichi e conosce diritti che ora giudica giusti per tutti.  Poi un’amicizia,  nata dall’ammirazione  per il compagno Francisco a cui rimarrà fedele in ogni circostanza e che seguirà, allo scioglimento delle bande partigiane, trasformandosi da partigiano in  bandito fuggiasco.  Si è osservato  come la trasformazione della Pastora abbia liberato nell’uomo, detentore di diritti e abbruttito  dall’errabondo banditismo, grande  violenza e furore  vendicativo nei confronti di  chi anticamente  l’aveva ridicolizzato. Mentre emerge chiaramente quell’identità femminile culturalmente appresa nell’amicizia con il compagno Francisco. Con lui ha un comportamento passivo spontaneo: è accondiscendente,   non mette in discussione le sue decisioni, si prende cura di lui e del nascondiglio proteggendo la sicurezza delle riserve, svolge le faccende domestiche senza annoiarsi. Florencio non soffre l’ inquietudine smaniosa che attanaglia  Francisco,  i fantasmi degli ideali falliti e la perdita degli  affetti familiari, non è vittima della depressione né  della frenesia che spinge a rischi sempre maggiori,  è un’ anima semplice che proviene da un mondo diverso perciò si accontenta di poco, gli basta quest’amicizia per vincere la solitudine.

Il personaggio che il romanzo ricostruisce, come del resto il Florencio reale con la vita che segue alla sua cattura, ha suscitato una sorte d’indulgenza perché al di là dell’esecrabile violenza si ravvisano in lui  capacita  e qualità umane  quali la  gentilezza,  la delicatezza, la bontà, la riconoscenza, l’amore per la natura, la fedeltà, il buonsenso, insomma l’amore per la vita…  la parte migliore della vita. Forse, e in questo caso il quesito che spinge lo psichiatra parigino alla ricerca del caso clinico la Pastora quel: può una malformazione sessuale unita ad un  disagio ambientale e culturale scatenare tanta violenza omicida (i 29 omicidi), può essere confutato

Anche i protagonisti dell’altra storia sono seguiti con interesse,  il tema della loro  reciproca insofferenza, il loro  cambiamento avvenuto in quel loro lento  girovagare in un paese montagnoso e scarno,  dal fascino selvatico  ove ovunque la  Dittatura franchista diffonde  paura, diffidenza  e   sopraffazione. Ma questo  contesto permette d’intuire quanto sia difficile  seguire scelte virtuose e  oneste quando si è incalzati da  oggettivi pericoli; per contro  anche che una vita  troppo facile  non aiuta a fare  le scelte giuste, quelle che possono costruirti  interamente. Le scelte fatte, a volte tragiche e colpevoli,  possono portare l’uomo a galleggiare in una vita senza senso  anestetizzata inutilmente dall’alcool. In questa storia fortunatamente  due uomini diversi sì incontrano, instaurano una relazione che permette loro di guardare  attorno e guardarsi in altri specchi, che possono aprire  al coraggio di confessarsi a se stessi  e agli altri. Alla fine del viaggio Lucien  non farà più lo psichiatra e  Carlos sconterà,  sollevato, l’onere di antiche e nuove scelte. Ora due uomini diversi e uniti da un’intima amicizia.

Mi piace terminare soffermarmi assieme a voi  sull’uso  di alcune parole con cui la Pastora termina il  suo raccontarsi:. “.. sei rimasta sola Tereseta, non c’è più nessuno, allora mi lasciai cadere in ginocchio, mi coprii la faccia con le mani e mi misi a piangere. Era la prima volta che piangevo da quando avevo smesso di essere una donna. Avrete notato che per darsi il permesso di piangere chiama sé stesso Tereseta non Florencio, a dimostrare che la diversità sessuale, pur diversificata geneticamente, non rientra  nel campo delle emozioni,  e che esse non si dovrebbero mai incanalare forzatamente in comportamenti identificati culturalmente di genere diverso.

 

Autore

Alicia Giménez Bartlett è nata ad Almansa nel 1951, ed è la creatrice dei polizieschi con Petra Delicado. Ha anche scritto opere di narrativa non di genere

 


Genere: romanzo