Notre-Dame de Paris di Victor Hugo

08 Novembre 2018

2018, un giovedì di novembre, noi amici  lettori, Victor Hugo e “Notre Dame  de Paris” opera antica di un  grande autore ottocentesco. Da qui siamo  catapultati  in una Parigi gotica e quattrocentesca, favolosa e reale  nel suo  intrico di  strade,  vicoli bui e malsicuri, dentro ogni anfratto della  sua  splendida Cattedrale – grande immobile libro – e in ogni strato della popolazione che allora v’abitava,  ammirati o commossi, palpitanti per tutto quel che lì succede.  A guidarci è Hugo stesso, parlando in tono confidenziale  ci  accompagna e  spiega,  istruendoci su un periodo a noi  lontano: l’autunno dl Medio  Evo. Storie grandi e piccole raccontate con scrittura  ricca e corposa, una prosa mastodontica,  accuratissima e realistica ricca di dettagli, ma anche  ironica e sorniona,  pittorescamente  viva e pur lieve di poesia, nettamente romantica  per le passioni, le ambiguità, le tragedie  che la animano; moderna perché è la classe sociale degli umili e diseredati a parlare. Affresco godibilissimo eppur truce, perché  pervaso dalla perenne  lotta dell’uomo tra il bene e il male che lo abita.

Di quest’opera non  ne ripercorremmo la conosciutissima trama ma diremo cosa la  sua lettura ha suscitato in noi .

Intanto la curiosità di una lettrice del perché fosse tanto piaciuto ad un’altra giovanissima. Forse il motivo è da ricercare  proprio nella Letteratura   è  la sua capacità di ricreare un mondo immaginario così perfetto e reale da riuscire  a irretire il curioso dentro il libro? La risposta è sì,  ma  aggiunge che in quest’opera  a differenza di altri classici da lei letti  qui ha incontrato  la  giusta levità per guizzare dentro a un  mondo vivo e variopinto. Certo per molti non è stato così – anche se  ha fine lettura i lettori si sono dichiarati tutti soddisfatti-  la strana struttura, un’esuberanza di strade, titoli,  parole  desuete e ormai sconosciute, le    divagazioni architettoniche (per altri  invece interessantissime) possono risultare noiose e affaticare la lettura, specialmente alle prime pagine , anche se qualcuno  si è preso a cuore   il povero Pierre Gringoire, poeta   angustiato per le peripezie che impediscono di portare a termine  la rappresentazione della sua “moralità”. Altri  trovano  eccessiva  la descrizione di  Parigi vista dall’alto di Notre Dame, comunque stupiti  per la  capacità dell’autore di  descriverla   a volo  d’uccello. Ma ci sono poi squarci pittorici stupendi, primeggia la  Corte dei Miracoli, territorio  di mendicanti e malfattori dove,  tra il buio e  il rosso dei fuochi , entro spelonche sporche e puzzolenti,  i quasi  uomini ubriachi e  violenti e le bagasce  si muovono, vivendo  al calar della notte.  E che dire  poi  della Cattedrale sotto attacco difesa da un febbrile Quasimodo che fonde il piombo trasformandolo in quel liquido rosso zampillante fuoco che dall’alto delle  grondaie cola   “entrano nei crani come succhielli di fiamma” e  scende poi a illuminare la notte. Poi la riflessione stimolante  di Hugo  che segue la descrizione dei temporali  strati architettonici in Notre Dame, parole di  storia in quel libro di pietra che l’allora recentissima invenzione di Gutenberg interrompe perché ora ci saranno  libri di carta   altamente ripetibili  e movibili che avranno ampio spazio per allargare saperi e  intelligenze. Fu punto di cesura, di rottura , questo, simile a quello che  oggi  avviene con il digitale che segna il nostro tempo. Ci si è fermati  anche su quanta oscurità e sporcizia abitasse in Parigi e sul vivere miserevole,  assuefatto a torture indicibili legate a un’ idea di giustizia crudele convinta d’entrare in tal  modo nella verità. L’ innocente Esmeralda confessa la colpa  con il  piede stretto dentro la  morsa della scarpa di ferro! Parigi. città dove a ogni angolo o piazza gogne  ammoniscono e patiboli esemplari insegnano,  salvo poi  tramutarsi spesso in eventi coreografici e spettacolari per il popolo. Mostrano  Giustizia? Giusta punizione? Lo sono la ruota e le frustate  che Quasimodo patisce  decretate da  un giudice sordo che non può sentire la difesa di un altro sordo? E che dire  di   Luigi XI, re indifferente al suo popolo,  avido solo di terra, tirchio e crudele – insensibile ai lamenti di un essere umano  rinchiuso da otto anni  dentro una stretta gabbia interessato invece  solo  al costo della stessa.. Misericordia umana, nessuna! Importantissimo era  che l’anima si pentisse (o pagasse) per la salvezza eterna. Esmeralda è l’unica  compassionevole creatura alla Corte dei Miracoli e sposa, con il rito della brocca rotta, il poeta Gringoire per salvarlo da  morte certa. E a Quasimodo , legato alla gogna  che  invoca un po’ d’acqua, è lei la sola a portargliela, eppure sa che è stato lui a tentare di rapirla. Un mondo  dunque cupo e pericoloso, volgarmente gaudente, contraddittorio  in cui la la fede religiosa  lascia  un carico di pregiudizi  e violenza. Una Cattedrale d’asilo ai perseguitati  ma la cui sola spiritualità sale dai  canti.  Notre Dame maestosa,  personaggio principe che gli altri contiene, dalle sue torri tutto vede e osserva: la gioia nelle campane e in Quasimodo che  meravigliosamente le  suona,  abbracciato  a loro  in  attimi di fanciullesca  felicità; carica di forme simboliche e   segni esoterici che  invitano l’arcidiacono Claude  Frollo alle tante prove alchemiche interrotte solo dalla concupiscenza per l’incanto di una fanciulla avvolta nel   canto e in  movenze di danza: Esmeralda.   Leggiadra e pura fanciulla zingara tra zingari e malfattori  che affettuosamente la rispettano, portata  tra   quelle mura  da Quasimodo  che  l’ha rapita al patibolo. Qui vi troverà prima  rifugio e ristoro poi paura poichè il “terribile prete”  la perseguita  la troverà anche li. La terrorizza per poi portarla fuori da quel riparo  e al rifiuto delle sua rinnovata profferta d’amore per altra mano-il patibolo- la ucciderà. Gelosia omicida sente e lei amore cieco. Esmeralda  ama di un amore incrollabile il capitano  Phoebus, bello e forte  in sella al suo cavallo il suo meschino  “salvatore”; ingenua, insensata  pronta a sacrificare tutto persino la speranza di ritrovare la madre. Amore romantico totalitario che la conduce però dignitosa sino alla morte  perché non cede al pazzo e tormentato amore di Frollo   che lei  vede  brutto e vecchio,.  di cui ha disgusto e  terrore. Muore dunque tra veli candidi che sono il  simbolo della purezza della sua anima  gentile. In quest’opera si muove il male e assieme amore, tanti  unilaterali amori: amore,  possessione e  vendetta. Tiepido e intercambiabile come quello di Gringoire; lussurioso  come quelli di Jean, scapestrato fratello di Frollo,  fatuo o interessato quelli di Phoebus; adolescenziale  e ingenuo  della zingarella  per Phoebus; ossessivamente folle e omicida quello dell’arcidiacono e  quello meraviglioso di Quasimodo  la cui bruttezza e la perfidia insensibile degli uomini  aveva  incattivito,  ma  che un gesto gentile donatogli da un’armoniosa e bella fanciulla muta e trasforma  in  un essere tenero e generoso, dalla sensibilità sottile  e   sebbene consapevole  di non poter mai essere  riamato  umilmente  dà amore grande e disinteressato.  Che bel  personaggio è  Quasimodo, anche se uccide il proprio  padre adottivo, l’unica persona  che  s era presa  cura di lui,  bimbo deforme e mostruoso  destinato alle fiamme  perché considerato opera del diavolo. Ci si è chiesto  quale sentimento Quasimodo  provasse per lui  sotto  quella forma  di totale e fedele sottomissione:  amore o gratitudine, forse un affetto riconoscente. Ma nello scoprire  in lui  la causa delle morte d’Esmeralda, disperato e deluso  lo getta giù della cattedrale,  più nessun affetto ora….è  solo. Si trascinerà sino al sotterraneo dell’orrida forca del reame   e abbracciato  al corpo senza vita di  Esmeralda si  lascerà morire e  il tempo mescolerà le  loro polveri.   Altro e la figura tremenda e pur tragica di Frollo, uomo dalla cultura immensa che veste l’abito talare, senza affetti sin da piccolo  l’unico è per il fratellino rimasto orfano che diventerà poi  uno  scavezzacollo    pronto solo a chiedere soldi per i suoi poco virtuosi divertimenti. Frollo era  uomo chiuso ai sentimenti, la purezza è cercata  nel pensiero e  l’ascesi alchemica è lo scopo dell’ esistenza,  poi improvvisa la lussuria e il desiderio  crepa  il vaso delle emozioni e erompe  amore ad ogni costo,  con ogni mezzo vuole essere amato,  vuole un’altra vita  ma   anche malvagità e egoismo erano racchiusi li dentro. Ecco  dunque  intrighi, inganni, rapimenti,   denunce , tentati assassini e infine la  morte di Esmeralda, voluta  – lei solo sua– perché  gelosia e folle possesso l’hanno invaso. Eppure quest’uomo fa una  descrizione così bella dell’amore che prova,   di   ciò che solo  ora scopre e  desidera, con un tale accento di verità e passione sofferta  che per un attimo ….commuove  ma l’amore non è possesso ma dono ed è meraviglioso  nella reciprocità. Anche Phoebus non  ama,  la sua aitante bellezza serve solo per approdare  a vanagloria e all’effimero  piacere o a pragmatici  fidanzamenti con ereditiere donzelle.  E’ vuoto, ma  lui, il  bello, attrae l’amore.  Quasimodo  invece,  che ha la  capacità di amare, è troppo brutto e  con amara ironia un lettore ricorda che  sempre  prima  è  la bellezza esteriore a colpire. Altro personaggio che in realtà non ama veramente  è il trasformista  poeta Gringoire occupato di sé stesso  con solo tiepidi e  brevi slanci verso  gli altri, con maestria si  muove  attraverso le parole, qualità validissima ancor oggi, infatti sarà uno dei personaggi  – l’altro è Phoebus – che riusciranno  a sopravvivere alla fine della narrazione.

Altro aspetto curioso e per fortuna lontano   in cui ci siamo soffermati  sono state  quelle camere murate in cui molte donne si ritiravano a vita per far penitenza e aiutare gli altri con le preghiere:  la Tane del  Lupo. Quale  orribile  penitenza  si auto infliggevano allora. Fortunatamente  oggi chi  aspira a una vita  di preghiera fuori si dal mondo può ritirarsi in  Eremi, Conventi di clausura in  condizioni di vivibilità umana . Ma tornando a quell’antica cella , che preghiera saliva al cielo da quella  donna che vi dimorava da sedici anni? Prostrata davanti a una scarpina da neonato in una realtà di sofferenza,  solo   preghiere di vendetta per l’uccisione della sua creatura rapita e uccisa dagli zingari. Gudu la malediceva  furiosa ogni  volta che nella piazza vedeva ballare e cantare la piccola zingara Esmeralda. Quella figlia tanto pianta e ora  nel riconoscerla  – tragicità romantica –  tanto amata e difesa  fino a morirne.

Autore

Victor Marie Hugo: poeta, romanziere e drammaturgo francese.

Figlio di un generale napoleonico, visse da ragazzo in Italia e in Spagna, dove suo padre era stato inviato al seguito di Giuseppe Bonaparte. Dal 1815 al ’18, dopo la destituzione del generale Hugo ad opera della Restaurazione e la separazione dei suoi genitori, Victor rimase nel Convitto Cordier da cui uscì fermamente deciso a dedicarsi alla letteratura. Sotto l’influenza delle teorie monarchiche e conservatrici di Chateaubriand e di Lamennais, fondò insieme al fratello Abel Il Conservatore letterario – Le Conservateur littéraire (1819-1821). Nel 1822 pubblicò una prima raccolta di “Odi e poesie varie” (Odes et poésies diverses).
La morte della madre fece venir meno il veto al matrimonio con Adèle Foucher: fu l’occasione per accostarsi alla religione.
Dapprima classicista e reazionario, si volse a poco a poco al Romanticismo in letteratura e alla democrazia repubblicana in politica. Di questa evoluzione letteraria fa fede soprattutto la prima rappresentazione della sua tragedia “Ernani” (Hernani, 1830) che rimase memorabile. Eletto accademico nel 1841 e Pari di Francia nel 1845, il colpo di stato di Napoleone III (1851) lo costrinse all’esilio. E dalle isole di Jersey e di Guernesey, luoghi del suo ritiro, si avventò contro il tiranno (“Napoleone il piccolo” e “I castighi”).
Del periodo dell’esilio sono le sue poesie più belle e la prima serie dell’epica “Leggenda dei secoli” (La légende des siècles) – terminata nel 1883, dove la storia è assunta come immensa epopea mitologica – nonché i romanzi più celebri, tra cui “I Miserabili” (Les misérables, 1862).
Rifiutata sdegnosamente l’amnistia politica nel 1858, ritornò a Parigi solo dopo Sedan e la capitolazione di Napoleone III (1870), ma venne nuovamente costretto all’esilio dall’invasione tedesca. Il suo ritorno definitivo a Parigi nel 1873 dette inizio a quella sconfinata ammirazione dell’opinione pubblica che doveva poi culminare nelle manifestazioni nazionali per i funerali del poeta.
Eletto senatore nel 1876, fu assiduo fino all’ultimo alle sedute del Senato (dove lottò, fra l’altro, per la concessione dell’amnistia ai comunardi) e dell’Accademia, morì a 83 anni. Il suo catafalco, esposto all’Arco di Trionfo, trovò posto nel Panthéon.
Tra le opere non ancora citate: “Han d’Islande” (1823), “Nuove odi” (Nouvelles odes 1824), “Bug Jargal”, romanzo su una rivolta dei negri di San Domingo, “Odi e ballate” (Odes et ballades, 1826), il testo teatrale “Cromwell” (1827), “Le Orientali” (Les Orientales, 1828), “Gli ultimi giorni di un condannato a morte” (Les derniers jours d’un condamné, 1829), “Marion Delorme” (1829), “Notre-Dame de Paris“, “Foglie d’autunno” (Feuilles d’automne, 1831), “Canti del crepuscolo” (Les chants du crépuscule, 1835), “Il re si diverte” (Le roi s’amuse, 1832), la cui versione operistica sarà il Rigoletto di Verdi, “Lucrezia Borgia” (Lucrèce Borgia, 1833), “Angelo, tiranno di Padova” (Angélo, tyran de Padoue, 1835), “Ruy Blas” (1838), “Claude Gueux” (1834), “Le voci interiori” (Les voix intérieures, 1837), “I raggi e le ombre” (Les rayons et les ombres, 1840), “Il ritorno dell’Imperatore” (Le retour de l’Empereur, 1840); la relazione di viaggio accompagnata da disegni “Il Reno” (Le Rhin, 1842), “I burgravi” (Les burgraves, 1842), “Castighi” (Les châtiments, 1853), “I lavoratori del mare” (Les travailleurs de la mer 1860), “L’anno terribile” (L’année terrible, 1872), “Il novantatré” (Quatrevingt-treize, 1874).


Genere: romanzo