7 Novembre 2013
Il Gruppo di lettura, nell’ultimo incontro, ha affrontato il dibattito sul libro Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, un’opera così effervescente che alcuni lettori si sono smarriti dentro la labirintica girandola di personaggi e situazioni creati dall’inesauribile fantasia dell’ autore. Chi ha proposto il testo ci viene in soccorso, ne illustra il particolare periodo storico e ci fa comprendere le connessioni tra la vita dell’autore e il suo libro. Testo ad ogni modo molto complesso, ne è testimone la lunga e sofferta stesura, ostacolata dal regime che non accetta né l’originalità della cultura né l’ascesi nell’individuo. Nasce quindi una satira socio-politica dirompente, ricca d’una comicità esilarante mentre, allegoricamente, si intuisce il desiderio mistico ed etico dell’autore. E’ un’opera dalla struttura inusuale al cui interno s’intrecciano due romanzi paralleli, il romanzo “storico” e quello magico ognuno con il proprio stile che fa propendere il lettore a seconda della personale preferenza.
Nel dibattito vi sono ammissioni di divertimento avendo alcuni accompagnato, a cavalcioni della scopa, Margherita nel suo “viaggio”e per l’’esser stati osservatori in quel teatro in cui il grande illusionista Woland & Company smascheravano la tanta avidità, lussuria e vanità dei “cittadini russi” presenti. Qualcuno ha rilevato poi quanto fosse bella, nel romanzo di Pilato, la descrizione offerta dell’ordinata efficienza dei militi romani ai piedi del Calvario; come risaltasse al confronto della grigia piattezza delle serate consumate da quell’insignificante e ipocrita “elite letteraria” in casa di Griboedov.
Altri interventi hanno colto la diversità del carattere, dell’agire dei due protagonisti Margherita ed il Maestro, mossi lei dalla speranza mentre lui dalla rassegnazione. Ma il personaggio di Margherita è apprezzato sia per l’intercedere disinteressato nei confronti dell’eternamente dolente Frida sia per l’ arguto intelletto, messo in luce nel dialogo con un Diavolo che ne mette abilmente alla prova l’ integrità. Cattiva impressione invece suscita “l’unico” discepolo di Gesù: Levi Matteo, perché nella non ortodossa visione del Vangelo di lui risalta il desiderio di vendetta e non la sua disponibilità a sacrificarsi per Gesù. Matteo non perdona vanificando del tutto l’insegnamento di Cristo che, in questo testo, sembra colmo di una bontà troppo ingenua. La nostra simpatia è andata al “vile“ Pilato, imperitura personificazione del primo vizio capitale che da sempre accompagna la nostra umanità. I suoi sterili tentativi di salvare Gesù, senza compromettersi, nulla possono, questi infatti non può tradire se stesso e i suoi fedeli mentendo e Caifa, e d’altro canto, non può lasciar in vita un pericoloso Gesù. Nonostante tutto, rileggendo ad alta voce il passo riguardante la liberazione dalla sua colpa, abbiamo guardato soddisfatti Pilato mentre s’incamminava, assieme al suo fedele cane, lungo la strada di luce.
Ci si è lasciati emozionare poi dalla suggestiva e poetica cavalcata notturna del “nero” drappello il quale ha, tolti gli abiti farseschi, mostrato il suo vero volto, trasportando ciascuno alla propria destinazione.
Abbiamo già detto c’è molta comicità e molta profondità in quest’opera, dice bene Margherita che in “quel romanzo c’era tutta la sua vita” d’altronde anche il Maestro pronunciava parole significative: “entrai nella mia vita con il mio libro in mano e allora la mia vita ebbe fine”
Il tradimento della verità e le ingiuste crocifissioni continuano a ripetersi ma il romanzo, con i suoi intrecci di storia antica a fondamento dell’attuale e questa a sua volta del sovrannaturale, suggerisce un’etica in cui l’oggi è libero dalla continua reiterazione del passato. Se con la dovuta attenzione abbiamo seguito l’angelo nero, l’imperfetto Woland, colui che punisce ma è al servizio di Dio, intuiamo ch’egli vuol correggere la corruzione e la meschinità di un mondo che ha reso l’uomo più avido ed ipocrita. Egli ammonisce ed invita al cambiamento, è potente ma giusto, egli esaudisce il desiderio di Margherita ma solo perché lei non chiede, perché lei è il suo “Noblesse obblige”, chiunque dichiari di essere nobile deve comportarsi in modo nobile.
Ma rivolgiamo nuovamente uno sguardo a Pilato, a quest’uomo che baratta la verità per conservare l’importante status sociale, egli è talmente disilluso e scettico nei confronti dell’umanità che ama e si fida solo del suo cane; Pilato è invaso da un senso di colpa che lo divora e non gli da pace, egli espia e sogna, sogna la salvezza di Gesù e un’incontro in cui possa continuare a “parlare” con Lui.
Questo è quello che porterà il Maestro a scrivere di lui con con-passione, è proprio la ricerca e la compassione che porteranno Pilato alla luce e il maestro alla pace, come dice Goethe nel Faust “coloro che sempre faticano a cercare noi possiamo redimerli”. Non dimentichiamo poi l’importanza di Margherita, la “strega” che accetta il Diavolo per salvare il Maestro affidandosi al sovrannaturale e suggerendolo anche al Maestro. Lei “dai fiori gialli” conosce, sa. In lei riconosciamo l’eterno femminino, la forza d’amore che innalza, che sacrifica il proprio desiderio alla responsabilità verso l’altro, esso ci mostra un’eticità perseguita con libera coscienza che insegue la verità che consente ad ogni schizofrenica antinomia di ricomporsi con giustizia.
Autore
Michail Bulgakov (1891-1940) romanziere e drammaturgo russo, esordì nel 1925 con il romanzo La guardia bianca, altre sue opere: Cuore di cane. Le uova fatali, La vita del signor Moliere