Amatissima di Toni Morrison

09 Luglio 2015 

L’opera, dall’impatto forte, Amatissima della scrittrice afroamericana Toni Morrison narra un fatto tragico ampliato ma vero, descrive luoghi che hanno una storia dolente  e la magia di una lontana  cultura africana. Libro che permette il fluttuare in superficie  dei  molti infelici “dimenticati e inspiegati”, germogli  di storia difficile per la sua gente. Una scrittura all’apparenza semplice  – sono poveri schiavi i protagonisti in un periodo storico  che  precede di poco e segue la guerra di secessione americana- eppure la  struttura  dell’opera mette subito in difficoltà  i lettori per i continui balzi spazio-temporali e l’intersecarsi   di più flussi di coscienza nei personaggi. A volte   scrittura-voce melodiosa dalle belle metafore, in altri momenti  visualizzazione  di atti crudeli ed  estremi  che  spingono a repulsione o a pietas. Certamente scopo dell’autrice è portare a rispettosa  memoria  i tanti  infelici traghettati nelle Americhe, le loro ingiustificabili morti causate   dagli inumani ”uomini senza pelle” che li  sacrificano alla loro ingordigia. Il possesso è il tema che emerge giganteggiando nel libro, il quale contiene  e dispiega  i  molti altri temi: la schiavitù, l’identità, il maschilismo, la genitorialità, il limite e la responsabilità.

Il gruppo esordisce con stupefatta ripulsa per quel buco scavato nella terra a riparare la pancia gravida di Sethe, fattrice di beni  non di sua proprietà; è incisa barbaramente da una frusta che ne aumenterà la forza psicologica, in precedenza pungolata dall’ atto di quegli aguzzini -quel essersi appropriati  del suo latte maternopermettendole ora di fuggire  anche da sola, determinata a ricongiungersi ad ogni costo ai suoi tre piccoli in fuga. Una decisione maturata e lucida, l’ andarsene da Sweet Home – ormai non più la  dolce casa  ove anche i neri potevano credersi “uomini“-  avendo   compreso  che le ridicole misurazioni  fatte dal maestro-amministratore ai loro   crani venivano trasferite  su fogli e disegni  a fronte  di figure animali. Quel che comprende e patisce non lo vuole e vorrà mai per i propri figli. Ed è proprio questo che determinerà in seguito la tragedia dell’infanticidio.  E’ ormai in salvo con la neonata Denver, sulla giusta riva del fiume nella casa dell’amorevole e  ormai  libera suocera Baby Suggs, gli altri bimbi accanto  all’ospitale numero 124 libero da fantasmi quando nell’avvistare chi l’avrebbe ricondotta a Sweet Home pensa di uccidere se stessa e  ”la parte migliore di me”  i  suoi figli. Vi riesce solo con la piccola  di nove mesi  “gattona già” segandole il collo, non vuole che essa abbia  a vivere ciò che lei ha vissuto e lo fa per amore, troppo amore. Ed  è questo che ripeterà sempre a sua giustificazione,     questo è il  concetto che dovrebbe capire  Beloved  “gattona già” quando da  fantasma irrequieto del n. 124,  dopo esserne stato sfrattato  con l’ingresso di Paul D  l’ultimo “uomo“ di Sweet Home, rientrerà  con quel corpo pericoloso, famelico  di dolci e amore. Ma Beloved non potrà comprendere   ha  sempre nove mesi ed è ancora in simbiosi con Sethe,   il suo amore  consiste nel cercare d’ incorporarle la madre perché “lei è la mia faccia”. E Sethe?  Lei alla quale non è stato permesso di essere figlia  accetta  perché lei crede di dover essere nella maternità  anche lei è Beloved la parte migliore di sé  ma anche perché come schiava ha conosciuto solo il possesso e con possesso  ora ama i  suoi figli. Non ha potuto acquisire  la capacità  che gli permette di  definire il limite tra lei e il mondo. Nel gruppo serpeggiano empatia e compassione per Sethe ma anche la difficoltà a giustificare quel gesto perché le esperienze negative che Sethe ha vissuto sono  solo sue  non   quelle di “gattona già” . Chi sa con esattezza  cosa   sarebbe successo alla piccola nel corso della sua vita e l’ animo  con cui l’avrebbe affrontata?

Anche nell’altro  bel personaggio, Paul D , vi sono grossi traumi e sofferenza tenuti chiusi  nella “scatolina” dentro il petto; lui ha visto   cose atroci  perpetrate sui  compagni-fratelli, i veri uomini di cui “andava fiero” ; un tempo il padrone ora  il   maestro-amministratore  li giudica  alla stregua di animali, oggetti da lavoro sopprimibili –con rammarico – se inaffidabili. Ha subito molto anche la vergogna di quel morso alla bocca!  e la gabbia! Lo scoprire il prezzo  che gli si attribuisce,  lui  che considerava solo il valore del suo lavoro. Quando finalmente è affrancato  dalla schiavitù,   diventa viandante pago  del cibo,  del sonno  e soprattutto  di poter gestire liberamente i propri giorni, continua, però, per non soffrire a ”amare tutto solo un pochino” perché  “qualsiasi cosa lo poteva commuoverlo.  Deliziosa è la pagina in cui descrive il suo primo  incontro con le lenzuola, quel commuoversi sino alle lacrime,  fare l’amore con loro e non con  la donna che in quel letto  l’ha accolto. Un’ altra bella immagine di Paul la troviamo nella  notte d’amore attesa venticinque anni, con la ritrovata Sethe   e in parte deludente ”non era poi tanto attraente” ma che si riscatta per quello sguardo  che  Sethe sente : “ la scrutava  con interesse, come se stesse esaminando la bontà di una spiga di grano” non v’è  derisione anzi “le sembrava dolce…paziente.. la giudicava ma non faceva confronti”. Così Paul D. potrebbe diventare quello cui ”affidarsi per lasciare indietro il passato”  e lasciar “baluginare un futuro“. E se po’ Paul D.  deluderà andandosene alla conferma dell’omicidio ha però in sé la capacità di riconoscersi limitato, un uomo che non possiede quella parte maschile così dura  e prepotente, “non è un’accetta“, infatti, lascia scorrere liberamente le emozioni, è la sua parte femminile quella che  “rompe il guscio” per  far nascere il virile gallo di casa. Sarà lui in grado alla fine  di porgere aiuto a Sethe immersa in una letargia mortifera conseguenza del cannibalismo di  Beloved e alla sua scomparsa.   Basta avere la forza di guardarlo  per vedere  in lui la persona che può entrare in una casa e “far piangere le donne” e per sentirlo poi dire che è solo lei “la parte migliore di sé”.

Anche Denver, l’altra figlia che attraversa il cortile del 124, è stata vista positivamente. A lei, che nessun contatto aveva con il mondo circostante, le è stato riconosciuto un  gran coraggio.   In quel cortile Baby Suggs aveva visto spezzarsi il limite di ogni sopportazione e  le sue certezze, Sethe si era confinata per orgoglio, e Denver era vissuta dentro  quel  limite che la madre, i fantasmi, la gente,  la nonna  le avevano mostrato; la nonna però le aveva anche parlato di Halle, l’unico  dei suoi figli che aveva cresciuto e il quale poi  l’aveva resa libera riscattandola, con sacrificio – l’importanza di fare i conti! e l’alfabetizzazione che il padrone gli aveva impartito – . Halle  è il padre, di cui  ha sempre atteso il ritorno, per la paura che la  mamma possa ripetere su di lei quell’antico gesto omicida. E’ sola, le fa compagnia solo il dispettoso fantasma di “gattona già”  e per questo subito  la riconosce  in Beloved  e la ama ma quando si accorge di quanto sia diventata pericolosa,  ha la forza e l’autonomia di andare oltre il cortile e chiedere aiuto.

Una partecipante del gruppo fa notare come la scrittura, il segno,  si trovi spesso menzionata in   questo libro mescolando e i intersecando positività e negatività: atto di vendita, il marchio sulla pelle,  la frusta che disegna l’albero, l’atto che libera, i conti di Halle, l’inchiostro ben fatto di Sethee  usato per scrivere i dati  antropologici, i nomi sui piatti generosi  e la scuola che libera Denver. Possesso, emancipazione, com’è ambigua  la scrittura, com’è ambiguo l’uomo! Rammentiamoci  per un attimo quel piccolo portaoggetti a forma di negro inginocchiato con la bocca spalancata  e  su scritto “Servo Vostro” a casa dei pur generosi fratelli abolizionisti Bodwin. Non sembra ambigua la bianca, generosa e salvifica Amy che aiuta Sethe,   sofferente e stracciona, perché così sembra essere  stata fino  allora anche la sua vita di donna.

 

 

Autore

Toni Morrison, scrittrice statunitense,  è nata nel 1931. Premio Nobel per la letteratura nel 1993, è considerata tra i massimi rappresentanti di narrativa afroamericana degli ultimi cinquant’anni, con Amatissima vince il Premio Pulitzer nel1988.

 

 


Genere: romanzo