Gli sdraiati di Michele Serra

08 Marzo 2018

Gli sdraiati, poche pagine intervallate da spazi bianchi a contenere lo sfogo e le perplessità  di un genitore che è anche un noto giornalista, Michele Serra, è il libro scelto per  l’incontro di Marzo. Nel testo due ruoli antichi sono  osservati nelle loro nuove  vesti: gli adolescenti,  nativi digitali e i neo-padri, nati dalla rivoluzione sessantottina. Sotto  osservazione è il figlio dell’autore, emblematico esemplare dello sdraiato, che muove nel padre  preoccupazione e disappunto; in un clima di amorevole  incomunicabilità,  una  speranza in bilico,portandolo a riflettere su se stesso. Serra inizia la narrazione ritraendosi in  una  convivenza ormai frustrante caratterizzata da disordine, pigrizia, maleducazione, sciatteria, indifferenza all’altro e  al mondo circostante doti irradiate con nonchalance dall’adolescente. Nella casa   troneggia  il  divano, dove orizzontalmente il figlio vive,   connesso dai molti fili  tecnologici visibili  e invisibili  all’amato ma  invasivo mondo informatico e mediatico. Difficilissimo è il comunicare-  il figlio sembra  isolato in una realtà virtuale  e sia lui che al padre manca la capacità  relazionale in questa fase adolescenziale. Egli si muove altalenante in quel relativismo etico in cui giustamente  si riconosce, avendo rifiutato l’obsoleta e tirannica Autorità – quella che in nome di una verità Assoluta  tanti  patimenti hanno arrecato sempre  all’umanità-. E’ un neo padre  che si chiede   rammaricandosi come il figlio non s’avveda della fortuna di poter scegliere quel  buonsenso comportamentale paritario  che condurrebbe a un  equilibrato   vivere civile. Per correggere i comportamenti disattenti  allora tenta il metodo dei post-it indicativi e allegorici attaccati al frigorifero  che non ottengono i risultati sperati come del resto  anche  le variegate e reiterate richieste dì salire assieme al Colle della Nasca. Gita montana familiare e antica questa  in cui  l’autore ripone la speranza che si trasformi in quel  rito di passaggio necessario a trar fuori il figlio da quell’infanzia prolungata e indecorosa. E poi… inaspettatamente succede, il desiderio  si concreta nei tempi e nei modi – scarpe da tennis ecc. — decisi dal   figlio e sopra quella cima il salto generazionale sembra avvenire.

Il  testo è ben scritto forte anche  di un  linguaggio ironico che sovente porta al riso e  sempre sorridendo   tutti vengono  a riconoscere  lo stereotipato adolescente d’oggi: narcisista, apatico, lontano, racchiuso in se stesso il che   rende difficoltosa sia la relazione intima sia il conoscere la realtà. Il libro ce lo mostra tramite simpatici aneddoti: l’amica, la vendemmia, la felpa, pure le madri che giustificano sempre e per noi l’incomprensibile capacità di studiare e  contemporaneamente essere  connessi con  tutti gli altri sensi ad altri piacevoli stimoli tecnologici. Un mistero  per noi non digitali, che stacco! Mutanti, quasi un’evoluzione della specie. E’ così diversa dall’antica conflittuale adolescenza che abbiamo vissuto noi! Quella  si svolgeva  nello “stesso campo di battaglia” perché  era  voglia di sostituire entrando così nel regno  degli adulti  che era solo da “espugnare” . Oggi non è più cosi e sembrerebbe che per colpa nostra, di noi adulti,  non ci sia più niente da espugnare. Ecco perché l’autore parteggia per  i giovani dal futuro incerto cui abbiamo rubato, e lo spiega nel racconto  all’interno del libro:  la Grande guerra finale combattuta trai  giovani un po’ superficiali  e i vecchi assurdamente attaccati alla vita , possessori di tutto, egoisticamente crudeli disposti a rubarla perché  incapaci d’accettarla e riconoscere che  la bellezza sta in quella giovinezza  che si contempla  e si rinnova in ogni nuova vita. Questo comprende il vecchio generale Brenno Alzheimer e perciò tradisce.

Com’è stato accolto questo piccolo libro? La maggioranza dei lettori l’ha trovato  divertente e veritiero. Altri considerano i temi  interessanti, ma trattati  in modo  troppo leggero e superficiale.  Il  dibattito è stato  piacevole e molto sul personale poiché i lettori hanno confrontato anche  le loro  esperienze vissute  come attori  nei due ruoli rappresentati: figli e genitori. In ordine sparso ecco alcune considerazioni.

L’unico nativo digitale subito si discosta dallo sdraiato, se ne riconosce si   alcuni aspetti, ma afferma che  “gli adolescenti non son tutti così e neppure  i nei -padri,  a quel ragazzo è stato dato troppo senza far fatica e nessuna  responsabilità” trova  non  corretto in quel padre porsi in modo paritaria con il figlio. Tra i giovani lettori del gruppo, una giovane neo- mamma si dice  già spaventata,  un’altra lettrice invece  ricordando un’esperienza lavorativa tra  dei  giovani praghesi   riferisce di un’educazione più rispettosa e improntata molto presto a un’autonomia responsabile.  Nessun partecipante riesce a riconoscersi  nei modi educativi che l’autore mette in atto;  chi non ha più figli adolescenti ammette d’esser stato  un genitore  più severo – es. se c’era disordine volavano giù  scarpe dalle finestre-  altri affermano che è  l’esempio a formare autorevolezza  e capacità di renderli responsabili, una lettrice  ricordando la propria adolescenza  vi  riconosce la  diversità proprio in un bisogno d’indipendenza che induceva alla presa in carico della propria vita. -Sappiamo  comunque quanto oggi sia difficile per un giovane arrivare all’indipendenza economica-  . Chi tra i lettori invece ha figli adolescenti e anche  dei giovanissimi adulti raccontano come  in brevissimo tempo questa sia venuta a modificarsi. Concordi nell’affermare una grandissima difficoltà nel far accettare  regole adeguate , come  farsi ascoltare –è difficilissimo penetrare in orecchie impegnate  da tecnologie che usano lingue nuove-, una nonna lettrice si è sentita dire dalla nipotina “è un altro linguaggio tu non lo conosci”; nel dialogare  v’è ora un linguaggio mutato e oltremodo  ristretto. Una  lettrice un po’ sconsolata viene a dire d’aver tratto conforto dall’ultima pagina del libro che  insinua speranza,  forse nonostante tutto le mele non cadono mai molto lontano dall’albero. Tra i lettori qualcuno porta l’attenzione sulla mancanza di una figura femminile, in quella famiglia la madre non c’è  e se pur   l’autore affermi d’aver sviluppato il protettivo aspetto materno un certo disagio nella crescita educativa del figlio potrebbe  esserci stato poiché una  figura paterna come anche  la figura paterna di un uomo di successo possa essere ingombrante ostacolo  nel difficile passaggio del figlio all’età adulta.

Si considera anche  -concordi con l’autore –  che vivere in questa società liquida  creatrice di stress, stanchezza  e narcisismo dove taluni  genitori spesso  sono  ancor loro eterni adolescenti- il mettere  in atto ed esercitare nella costanza le grandi virtù dell’esemplarità, pazienza,  forza d’animo e l’autorevolezza  di genitori sia davvero un problema. Non si è concordi poi con l’autore nel “non voler farsi odiare dai figli perché bisogna imporre delle regole” non si crede che la sana autorevolezza  porti all’odio, si crede invece  sia  la troppa accondiscendenza a  recare  quasi sicuramente i guai.. Anche dentro il relativismo  di oggi è il genitore che deve avere il buon senso  di incanalare la parte egoica  del figlio  che deve essere ridimensionata  prima proprio con divieti fermi  e poi con responsabilità graduali fino a quel momento del conflitto adolescenziale che porterà finalmente il figlio  al sano distacco genitoriale. Oggi è tutto molto difficile grandi cambiamenti tecnologici, economici  e di pensiero: c’è troppa abbondanza  per i figli  invece  poi il mondo fuori potrebbe essere…. avaro…Ma vogliamo anche noi essere e ottimisti augurando a tutti gli adolescenti di provare il desiderio e  la voglia  di scalare il proprio Colle della Nasca,forzo metaforico, prova che fortifica –Si suda e si tace- e in cima  si vedrà  più lontano  immersi in una natura che scoprirai, essere anche la tua..

 

Autore


Genere: romanzo