Canne al vento di Grazia Deledda

06 Aprile 2017

Canne al vento del premio Nobel Grazia Deledda, un classico della letteratura, ha  catapultato  in terra sarda  in  un mondo arcaico, lontano  il Gruppo di lettura. Complice una  scrittura, attraente seppure lontana dalla   nostra contemporaneità ma attraente pregna di un realismo pieno e insieme magico e la descrizione lirica e  poetica  di un paesaggio che suscita un  tale piacere estetico  da volerlo centellinare,  con quel pennellare l’ambiente  legandolo simbolicamente all’interiorità dei personaggi che lo abitano. Tutto questo  è piaciuto molto ai lettori.

La storia, invece, è remota , triste  trasuda decadenza e fatalismo. E pensare che in  quel mondo, privato da colpe, rimorso espiazione  a Efix  sarebbe bastato così poco per  considerarsi  ricco e felice: coltivare il poderetto delle sue padrone  e dal tetto bucato la ”notte vedere le stelle”. Caro Efix secco, scuro, curvo dalla fatica, una vita dedicata alle sorelle Pintor, tanto povere da essere votate al nubilato perché nobili senza dote, ormai  rassegnate, ripiegate  passivamente  tra le mura di casa , la chiesa e le feste  dei Santi.

Efix  provvede a loro,  le  protegge, è il “servo” di famiglia, è   l’uomo oppresso dal senso di colpa  per averle rese orfane – ha ucciso involontariamente il loro violento e tirannico padre-. L’uomo l’aveva  aggredito  per aver agevolato la fuga di Lia – la quarta sorella  di cui era segretamente innamorato-   verso il continente. Non è stato scoperto e non confessa l’omicidio perché vuole proteggere  con il suo “non pagato lavoro”  Ruth, Ester e  Noemi, per tal motivo  non ha potuto espiare il suo peccato. Quando arriva  dal continente, il giovane Giacinto è doppiamente felice –va dall’usuraia per potersi comprare una berretta nuova! – egli è  il figlio di Lia ed  è convinto ci sarà un positivo cambiamento  nella casa delle dame Pintor. Così non sarà , Giacinto   bello e gentile è un disonesto,’irresponsabile  “fanciullo”, non lavora, seduce una ragazza del popolo Grixenda – la poverina rischierà di morire di dolore , sperpera il  denaro avuto dall’usuraia dalle scarpette rosse, firma cambiali false, che causeranno la  morte per crepacuore di zia Ruth e la  vendita dell’ultimo  poderetto,  inoltre  la sua presenza susciterà  un’intensa attrazione nella zia  Noemi, donna ancor giovane dall’inquietudine cattiva. La sua presenza ha fatto molto male, ma arriverà  comunque in lui la maturazione  che  gli farà comprendere che la salvezza dell’uomo sta nel fare il bene degli altri:  è dalla vita di Efix, dal suo esempio  d’uomo che è toccato. Efix  di contro è arrivato a credere d’aver portato lui il male in casa Pintor come  conseguenza  del delitto  commesso e per il quale decide di fare penitenza, diventando  mendicante e  accompagnando un cieco per le innumerevoli feste patronali del circondario. Poi arriva il momento in cui  si rende conto che la sua colpa andrebbe espiata aiutando ancora la famiglia Pintor, egli  continua a sperare  che Noemi accetti di sposare il ricco cugino Don Pedrù. E cosi avviene, siamo alla fine del libro e della vita di Efix che, malato e sofferente,  si concede di morire solo dopo che Noemi varca la soglia di casa per andare sposa. Sempre umile, discreto  – non vuol disturbare –   a capo coperto, sullo stuoino dell’androne di casa – cane fedele qual è sempre stato  ed eroe gentile  di  quella vita –   finalmente si lascia andare  … là,  sul muricciolo dell’amato  poderetto con “le canne che  mormoravano e cantano”.

Nel confrontarci grandissimo apprezzamento si è avuto per le poderose e poetiche immagini  della natura sarda – abbiamo riletto alcuni incantevoli brani – ci sono però lettori che hanno sentito le tante descrizioni eccessive.

Gradevoli poi le vivide scenette dei due mendicanti ciechi-finti ciechi  che litigano, ci siamo interessati  alla  lunga festa della Madonna del Rimedio  e alla comunanza  che mostra  con le numerosissime  feste patronali in uso in tutto il  nostro Mezzogiorno  – preghiere d’intercessione e  ritrovo collettivo ( ora anche folclore per i turisti)-. Qualcuno  ricordando la vita nella campagna di Jane Austin ne faceva un distinguo, altri invece  ravvisavano vicinanza dettata dal comune isolamento che genera poi quel bisogno di ritrovarsi  collettivo. C’è poi  chi ha provato una  cupa tristezza nell’antico cimitero dai bianchi fiori d’ ossa , in altri, una fascinosa melanconia, una mesta  ammirazione per l’antico portone di casa invaso dalle erbacce  o la  decadente balaustrata del balcone…decorata di foglie di fiori e di frutti in rilievo.. atmosfere. Ora è  tutto fatiscente come la cucina buia e mal riscaldata  che trasuda ormai povertà,  la chiesa buia e fredda con il dipinto di una  giovane Maddalena,  l’uso del velo,  il lutto che le donne portano e quel  loro  sedersi nella terra battuta ci ha  riportato un passato recente e non  ancora dimenticato. Il mondo  notturno  fantastico, magico  abitato  “ dai  folletti, dalle fate, dagli spiriti erranti “ dispettosi, che incutono  paura e rispetto -la casa non va mai lasciata sola di sera altrimenti vi entrano quei  misteriosi abitanti-. È fatto notare che  si tratta di figure simboliche della nostra parte oscura che la notte sempre favorisce.

I personaggi invece ci sono apparsi  così intrappolati  incastrati  in tradizioni obsolete, superstizioni, nella religiosità gravida  di colpa. Il fatalismo  imperante – tutto  è  sempre già deciso dall’alto –  non permette il libero arbitrio e  trasforma i personaggi  nelle simboliche  e fragili canne che, muovendosi  al vento, (”noi siamo le canne e la sorte è il vento”) si spezzano oppure si rialzano i ma non sono loro a deciderlo. Eppure Efix ha deciso di tornare a casa e Lia ha avuto il coraggio di allontanarsi da quel mondo!

Tra le tre sorelle  la nostra simpatia  va  ad Ester, l’ accogliente, è lei che di nascosto  invia  la lettera al nipote per invitarlo a venire; irritante  è Noemi cui la rassegnazione ha donato “occhi cattivi pieni di lacrime”: lei non ha mai risposto alla lettera di Lia e non avrebbe mai accolto il nipote nella sua   casa: è distante,  altezzosa con tutti , inquieta, attratta suo malgrado da Giacinto ,  ma che alla fine sposa –  con al collo la splendida collana di granate, perché il fattore economico  conta- , sempre con gli occhi cattivi, il cugino Don Pedrù. Il  debole Giacinto è un personaggio dal comportamento  oltremodo deplorevole, che fortunatamente in extremis si riabilita, lavora sposa Grixenda ma piace solo per il bellissimo elogio che fa a Efix “ Sei tu che mi hai salvato, io voglio vivere come te   ….ti hanno cacciato come un cane vecchio… eppure tu le ami di più per questo perché il tuo cuore è un vero cuore d’uomo. Il vero amore è stato il tuo”.  Eh! Efix , l’incredibile Efix, qualcuno l’ha definito l’eroe gentile che tutto sopporta, intessuto,  dicono, di bene e male- perché lui servo ha alzato gli occhi sulla nobile  Lia, perché lui ha ucciso, e non ha confessato ed espiato. Questo piccolo uomo logorato dalla fatica e dal rimorso che se per colpa si prende cura, come servo di casa  ama quella famiglia -per  lui  la sola famiglia-, avrà   alla sua morte le lacrime della” buona” Ester  che s’affretterà a però a chiudere la porta, perché  è deplorevole farsi veder piangere  per un servo”.

Un  secolo è trascorso  da allora e molto è cambiato, tali immeritate abnegazioni forse non  ci sono più. La Sardegna conserva tuttora gran parte della sua naturale bellezza, si cerca  giustamente e orgogliosamente di preservarne anche  le tradizioni  buone. Noi ci auguriamo  ancora  tanti gentili eroi nella  quotidianità delle nostre vite,  ma vogliamo credere e sperare  che ciò avvenga nella  consapevolezza d’essere  libere persone  –  nessun tipo di “fato” che ci sovrasti – che desiderano e decidono il cammino per diventarlo.

Autore

Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura, studiò da autodidatta ed esordi come giornalista su riviste di moda. Incrociando influssi veristi e dannunziani, scrisse romanzi e racconti dalla vena etica in cui è descritta la dura vita quotidiana dei compaesani sardi (Canne al ventoElias PortoluMarianna Sirca).


Genere: romanzo