08 Gennaio 2015
Giovedì il gruppo ha incontrato un libro potente che è monito e speranza per noi tutti: La Strada di Cormac McCarthy. Una narrazione dalla scrittura magistrale, le parole essenziali ma cesellate i dialoghi semplici (ci si rivolge sempre ad un bambino) danno emozioni e pensieri forti. Nella lettura del libro qualcuno ha riferito il suo sentire il paesaggio e le reiterate azioni domestiche ripetitive, mentre altri si sono stupiti di come l’autore fosse riuscito a trovare sempre parole nuove per quel pellegrinaggio in un presente sì sorprendente ma sempre uguale. Tre i personaggi: un padre, un bambino e una reale ma anche simbolica strada. Ed ecco un deserto orrido si materializza davanti a noi che, timorosi, a volte sgomenti, arranchiamo dietro a quel loro andare di sopravvissuti incastrati nel vuoto desolante e pericoloso di quel mondo grigio, polveroso e freddo. Portando in tal modo tutti noi a quella domanda terribile: Cosa avremmo fatto noi? Cosa? Come riuscire a vivere in un mondo dal sole nascosto, in una sterile e nemica natura, perennemente accompagnati dalla paura del pericoloso cannibale fratello? Avremmo noi seguito nel bosco la fragile mamma così consapevole di non sentire e sperare più, da desiderare solo di abbandonare la paura per i propri cari e per sé? Oppure avremmo camminato come quel padre, forte d’un amore meraviglioso per il suo bimbo. Un bimbo che diventa per lui sostegno in quel voler vivere comunque la vita. Ma ancora nelle pagine di quest’opera troviamo quella scelta basilare che accompagna sempre l’uomo, il bivio tra la sua egoistica cattiveria e la parte buona, quella che permette di stare bene con gli altri. La scelta nel libro è netta perché il limite è preciso ed estremo: essere il feroce umano o essere il buono, l’umano che non uccide il fratello -nessun spiedo mai rosoli un neonato!–. Eppure quel padre, in un momento di incontenibile rabbia lascia nudo e al gelo un uomo, il ladro di tutta la loro sussistenza. Non sconfina mai il bimbo, sempre pietoso e caritatevole, puro senza confronti, in quel suo mondo dalla natura inospitale, indifferente e umanamente crudele di cui egli ha molta paura. E’ il padre che lo ha protetto con amore immenso, quello che ora sostiene entrambi nella reciproca cura e li fa sentire i “buoni”, quelli che portano il fuoco. Essi vanno e percorrono la strada e, se talvolta ne escono fermandosi in piccole oasi di ristoro poi la riprendono, sempre vigili, accorti perché v’è in essa grande pericolo, -piccoli gruppi e bande sferraglianti di umani mostruosi la pattugliano – ma anche la vita che scorre e la speranza d’incontrare altri “buoni”. Seguiamoli ancora sino ad un mare opaco dove nel freddo il bimbo vuol comunque bagnarsi, poi i regali della barca incagliata; il brutto episodio del ladro, altre traversie sino allo spegnersi del padre ammalato. Quel padre che pur aveva promesso di non lasciarlo solo mai- c’è sempre quell’unica cartuccia nella pistola! – , se ne va invece quasi sereno perché ha negli occhi quel bimbo avvolto di luce e vede, rivede bellezza nella bontà del mondo, nel divino che il bimbo porta dentro di sé. Il fuoco, luce che illumina e consente al bimbo di credere e affidarsi al primo uomo “buono” che gli verrà incontro.
Autore
Cormac McCarthy , scrittore statunitense è nato nel 1933, attualmente vive nel Nuovo Messico lontano dal mondo letterario e mondano. Con il romanzo La strada vince il Premio Pulitzer nel 2007. Tra i suoi scritti troviamo: Suttrie, Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Non è un paese per vecchi.